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Anno edizione: 2021
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Acquistato il vinile (ltd edition rosso). Come ho scritto nel titolo, l’album sta facendo parlare di sé e dell’artista forse molto più del precedente “To the bone”, iniziale spartiacque della produzione Wilsoniana (a me piaciuto). Indubbiamente è un disco da “tutto dentro” o “tutto fuori” tanto è di (ulteriore) rottura. Io mi fido di quello che l’autore sta affermando in lungo e largo: lui segue se stesso e non i gusti del pubblico. È in costante (artistico) cambiamento. Non vuole fermarsi a fare il solito compitino. Come dargli torto? Ho avuto l’enorme dispiacere di assistere a “cambiamenti” tipo da “supper’s ready” a “we can’t dance”...Ma lì è finita in vomito, tanto si capiva che era una questione di soldi e non altro di più onorevole. Qui la sensazione è diversa. Credo (e voglio credere, fidandomi dell’autore che seguo da sempre, così come i Genesis di cui sopra) che l’arte non si può fermare e che non è il caso di creare musica, nella fattispecie, con lo stampino. Quindi, a mio parere, il “metodo” per affrontare questo disco è quello di ascoltarlo senza il minimo pregiudizio o aspettativa rispetto al passato. Comunque, ascoltandolo con attenzione, l’anima romantica, nostalgica di Wilson, si sente sempre. A tratti. Ma viene fuori. Non si parla di un capolavoro. Assolutamente. Per un giudizio definitivo sull’autore io aspetto il prossimo disco. Lì, a mio parere, si capirà ancora meglio il suo intendimento. Non mi meraviglierei di ascoltare qualcosa tipo free jazz! Tanto per mischiare ulteriormente le carte. Ne sarebbe capace. Da ultimo: produzione/suono del platter: fantastico. Sia dalle casse che in cuffia. Ma questa, con SW, è abitudine
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