L'inserimento della nozione di "cittadinanza europea" nel Trattato di Maastricht fu accolto come una novità in grado di sprigionare ulteriori sviluppi, ricchi di implicazioni non solo in dottrina. Sganciare, infatti, il godimento della cittadinanza dalla territorialità statuale/nazionale che l'ha forgiata significa muoversi in una prospettiva innovatrice. La cittadinanza europea, pur essendo collegata alla cittadinanza nazionale e costituendone una proiezione, faceva intravedere uno spazio determinabile sulla base della residenza, al punto da non poter "essere assimilata a una situazione puramente interna", secondo l'antiveggente interpretazione fornita dalla Corte di giustizia di Lussemburgo. Ma fa notare criticamente Pietro Gargiulo, in questa utile monografia resa completa dall'ottica comparatistica di Laura Montanari nonostante l'affermazione di questo fondamentale criterio, la giurisprudenza si è ben guardata dal trarne tutte le conseguenze davanti alle situazioni sottoposte al suo esame. Non è fuori luogo chiedersi se dalla stessa erosione dei poteri statuali in materia non si prefigurino indicazioni destinate a sfociare in "un nuovo rapporto tra cittadinanza nazionale e cittadinanza europea, volto a sancire l'autonomia (e la prevalenza) di quest'ultima". Ciò avrebbe grande importanza per cittadini dei paesi terzi e per definire una "cittadinanza civile" sostanziata da "un nucleo di diritti e doveri che il migrante acquisisce gradualmente nel corso di un certo numero di anni, in modo da garantire che questi goda dello stesso trattamento concesso ai cittadini del paese ospitante, anche quando non sia naturalizzato". I problemi esposti con nitido e istruttivo rigore sono al centro del 2013, proclamato "Anno europeo dei cittadini", e quindi hanno un'attualissima valenza politica. Roberto Barzanti
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