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Antonino Leonardi, in quello che lui definisce "un debito" verso Giuseppe Giarrizzo, fa un omaggio a tutti coloro i quali vogliono capire ancora cosa rappresenti il Monastero dei Benedettini di Catania, nella sua storia architettonica e urbana. E cosa abbia significato per la città, per il suo presente e per il suo futuro, la grande operazione di recupero e riuso del complesso, in cui giocarono un ruolo fondamentale due figure quali Giarrizzo, lo storico, e Giancarlo De Carlo, l'architetto. Oggi l'edificio, citato dall'UNESCO, ospita la Facoltà di Lettere, ed è meta di migliaia di visitatori, piccoli e grandi, italiani e stranieri, che rimangono affascinati tanto dai suoi ambienti quanto dalla vitalità che l'Università ha portato al suo interno e tutt'intorno, in un quartiere - l'Antico Corso - pieno di contraddizioni eppure capace di convivere con le funzioni che i grandi contenitori urbani impongono. E Leonardi, nel suo atto di riconoscenza verso Giarrizzo, ci aiuta a capire cosa pensa lo storico di questa vicenda lunga più di cinque secoli, fatta di potere e fede, di scienza e filosofia, di rivolte e fame, di abbondanza e sfarzi. Ma ci svela anche quali difficoltà e ostacoli si possano incontrare quando, con ostinazione e determinazione di rara intensità, si decide di elaborare un progetto architettonico che servirà non solo a nuove elites ma ad una città intera e al suo territorio. Perché oggi, per dirla con De Carlo, "il grande complesso edificato, di essere stato convento dei monaci conserva segni e memoria soltanto nelle sue figure; mentre nella sua struttura concreta, di spazio tridimensionale abitato, ha acquistato i segni di un luogo di giovani che sciamano da un punto all'altro dei suoi itinerari: di luogo di aria, di luce, di intensa comunicazione, di aspettative e promesse per il futuro" (GDC, 2003). Aspettative che Leonardi e Giarrizzo invitano a perseguire ancora, senza paura.
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