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La fine della civiltà. L'Anticristo che è in noi - Benedetto Croce - copertina
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La fine della civiltà. L'Anticristo che è in noi
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La fine della civiltà. L'Anticristo che è in noi - Benedetto Croce - copertina

Descrizione


Negli anni tra il 1946 e il 1952 Benedetto Croce - meditando sulla barbarie nazifascista, la Seconda guerra mondiale e la minaccia del totalitarismo comunista - scrisse pagine che erano insieme un'interpretazione dell'ora presente e una rivisitazione dei fondamenti della sua filosofia. Gianfranco Contini parlò di un "nuovo Croce". I saggi qui pubblicati - La fine della civiltà; L'Anticristo che è in noi; Il peccato originale; La vita, la morte e il dovere - fin dai titoli mostrano la loro "contemporaneità" nell'indagare «il negativo che vuol comportarsi come positivo ed essere come tale non più creazione ma, se così si potesse dire, dis-creazione». Un principio "distruttore del mondo" che persiste nel nostro tempo e che è forse la definizione più concisa e profonda del nichilismo, a cui il pensiero di Croce fa da argine. A dimostrazione della sua classicità, del suo continuo interrogarci.
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Dettagli

2022
29 luglio 2022
Libro universitario
112 p., Brossura
9788837236540

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zanzac
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Croce argine del nichilismo

Benedetto Croce, uno dei più eminenti pensatori del Novecento, condensa alcuni aspetti del suo pensiero in questa lettura agevole ma ragionata, molte le frasi che meritano citazioni. Il valore della storia come fondante, l'importanza correlata delle tradizioni e lo specchio della fine della civiltà come tema in uno, temi più etici nell'altro: è il male in noi, se il negativo si comporta come positivo? L'ultimo Croce si pone a monumento contro ogni nichilismo e principio distruttore di mondo facendo leva sul suo storicismo e liberando un'ultima rivisitazione del suo pensiero. Attualissimo.

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Benedetto Croce

1866, Pescasseroli

(Pescasseroli, L’Aquila, 1866 - Napoli 1952) filosofo, critico e storico italiano. Senatore dal 1910, per un anno ministro dell’istruzione con Giolitti nel primo dopoguerra, mostrò un’iniziale indulgenza tattica verso il fascismo; dopo il 1925 (quando, su invito di Giovanni Amendola, redasse il Manifesto degli antifascisti) mise in atto una ferma opposizione aventiniana. Godette tuttavia di una certa libertà che gli permise di continuare le pubblicazioni della sua rivista «La Critica», redatta prima dell’avvento del fascismo, in collaborazione con G. Gentile. Dopo il 1943 si trovò presidente del partito liberale e componente del comitato di liberazione: fu ministro nei governi Badoglio e Bonomi, poi senatore di diritto; nel 1947 si dimise...

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