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Testo profondo e importante, che si muove su più livelli, dall'epistemologico all'ontologico, fornendo un quadro complessivo del dibattito sulla crisi ecologica, dibattito che ripercorre nei suoi momenti e nelle sue figure cruciali, da Haeckel a Odum, da Naess a Jonas, con un atteggiamento critico che gli consente di smascherare le incongruenze e insufficienze delle varie parole d'ordine che di quel dibattito hanno costituito la trama, una per tutte lo "sviluppo sostenibile". L'autore, pur esponendo chiaramente le proprie ascendenze filosofiche - Heidegger, ma ancor più Nietzsche, seppure in controluce, e Jonas - non sposa integralmente le loro proposte teoriche, ma sviluppa, soprattutto nell'ultimo capitolo, una riflessione autonoma intorno alla dimensione etica della questione ambientale, proponendo un radicamento delle varie strategie con le quali la crisi va affrontata - che sono in ultima analisi quelle presentate dal Wuppertal Institut e particolarmente da Wolfgang Sachs - non in un'ontologia forte, alla maniera di Jonas, né in una mera remissione al destino dell'essere, come rischia di avvenire in Heidegger, bensì in un "atteggiamento di fondo", secondo la terminologia presa in prestito da Hans Padrutt, puramente affermativo, che molto ricorda, ed esplicitamente, l'amor fati di nietzschiana memoria. Un libro, in ultima analisi, irrinunciabile per chi si occupa di questione ambientale, anche in considerazione del fatto che è stato uno dei primi a comparire in Italia, ove la riflessione filosofica di impronta continentale ha tardato molto a riconoscere dignità filosofica alle riflessioni intorno alla crisi ecologica.
Il tentativo di dare una soluzione al problema ecologico non può essere dato, come vuole Russo, dalla filosofia heideggeriana. Sono necessarie, per affrontare il problema, conoscenze interderdisciplinari, e quindi socio-economiche, politiche oltre che filosofiche. Il libro non riesce a dare nessuna risposta all'immenso problema sollevato, perchè non ne ha i mezzi. Interpretare lo strapotere tecnico come "cattivo destino", significa sottovalutare il peso della società sulle scelte dell'individuo. Il risultato è un libro apparentemente ben confezionato, ma che spesso sfiora i limiti del ridicolo.
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