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Il libro è la proposta di restituire alla nozione di immagine il ruolo di fondazione del pensiero. Non si tratta di giustificare una "figura" assolutamente disincarnata, privata di ogni rapporto con il sensibile. Al contrario, Borutti sottolinea con forza l'inestricabile e imprescindibile rapporto tra il pensiero e la sfera della sensibilità, che trova una sua definizione nella costruzione dell'immagine come "modo dell'esperienza del senso in generale". L'estetica del pensiero si sostanzia di un "fuori di sé del pensiero", di un senso estetico (riscontrabile nell'aisthesis), di una radice sensibile che darebbe luogo a quella che si propone di chiamare "figuratività" o "figuralità". Contrariamente a quanto si è sempre pensato, l'immagine non è il riflesso sbiadito della realtà, non è una sua copia in-significante di cui diffidare perché morta e improduttiva, ma è il luogo in cui si costruisce il senso della realtà stessa. Essa non è mera "rappresentazione", riproduzione mentale (Vorstellung), ma viva "presentazione" (Darstellung) nella quale sono rilevabili due funzioni, una ricettivo-passiva e una produttivo-attiva. Darstellung "è presentazione indiretta di un essere che si sottrae": è proprio a partire da questo esser presente (sempre incline a scomparire) che nasce il "senso" e abbiamo un "mondo". La messa alla prova della parte teorica avviene attraverso il confronto con la "figuratività" presente nella pittura di Francis Bacon e la scrittura di Italo Calvino. La proposta di Borutti sembra muoversi verso la definizione dell'estetica come "filosofia non speciale" (secondo l'insegnamento di Garroni), come luogo privilegiato e non secondario nel quale è possibile cogliere il "senso" delle cose, e lo fa con un approccio fenomenologico al tema dell'immagine in compagnia di maestri quali Heidegger, Wittgenstein e Merleau-Ponty.
Aldo Marroni
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