Compositore e pianista ungherese. Dopo gli studi di pianoforte e composizione a Timis¸oara e a Budapest, ebbe nel 1958 la possibilità di recarsi a Parigi, dove furono per lui di grande significato gli incontri con Milhaud, Messiaen e la psicologa Marianne Stein. Alla Stein è dedicato il primo Quartetto per archi (1958), che già efficacemente enuncia la sua poetica fatta di gesti brevi e incisivi, piccole cellule generatrici, motivi frammentati e aforistici, ma anche l'aspirazione a compiere una sintesi fra la tradizione ungherese incarnata nei modelli di Bartók e la metafisica concisione di Anton Webern. La tendenza a miniaturizzare, anche dentro minuscoli organici, le grandi forme è riscontrabile nei Detti di Peter Bornemisza (1968) per soprano e pianoforte, un vero e proprio concerto spirituale in più parti, col pianoforte in ruolo di orchestra. Nel 1981 a Parigi, con l'esecuzione de I messaggi della defunta signorina Trussova per soprano e piccolo ensemble, K. conquistò notorietà internazionale. La poetica del frammento era destinata a cogliere ancora due superbe affermazioni: I frammenti da Attila Jozsef (1982) per voce sola, e i Kafka Fragmente (1985) per soprano e violino. La tendenza a raccogliere i frammenti in lunghe sequenze fino a formare dei veri e propri cicli era già emersa nei 4 volumi degli Jatetok (Giochi) per pianoforte a quattro mani (1973-76) e avrebbe continuato a manifestarsi fino all'Omaggio a Stockhausen (Cose vecchie e nuove per 4 esecutori) del 1993. Dagli anni '80-90 la sua musica mostra anche uno speciale interesse per lo spazio usato come filtro acustico: a questo nuovo versante appartengono lavori come Grabstein für Stephan (1989) per chitarra e gruppi di strumenti sparpagliati nello spazio, e Samuel Beckett: What is the Word (1991) per contralto, voci e gruppi di strumenti nello spazio.