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«Un poeta che ci stupisce» – La Lettura
Opera prima di poesia dello scrittore Orso Tosco, "Figure amate" è un libro potente e drammatico, una lettura di ciò che la vita restituisce quando la fine è prossima, quando dolore e amore senza tregua si inseguono, imparano a stare insieme. Franca Mancinelli, in un passaggio della prefazione, esplicita esattamente ciò che offre questo volume: "un diario in versi dove gli aghi e le parole si confondono", una poesia che "fa i conti con un «amore irrimediabile», che è insieme dolore che non concede vie di fuga".Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Una sofferta esperienza biografica vissuta nel 2015, è qui ripercorsa con il desiderio filiale di recuperare un vissuto, dando testimonianza dell’“amore irrimediabile” verso il padre morente. Il corpo malato, osservato nella sua materialità più concreta, smembrato negli organi interni solitamente meno menzionati in un testo poetico (bile, intestino, teschio, scroto, ghiandole, prostata), quasi costringendosi a un’osservazione asettica che argini la commozione, viene continuamente correlato all’ambiente ospedaliero in cui è ingabbiato. “Letti di carta”, “piastrelle feroci”, liste di farmaci e strumentazioni mediche (benzodiazepine, morfina, cateteri, pitali, clisteri): i parcheggi di cemento osservabili dalle finestre si oppongono crudelmente al ricordo del mare ligure, profumato di lavanda, in un interscambio spietato tra l’infermità interna e l’impossibile salvezza dell’esterno: “Costruire la forma della morte come fosse un luogo, / una stanza da rivivere”. Dentro e fuori, presente e passato, speranza e rassegnazione si inseguono nell’esplorazione dei lineamenti tormentati del padre, figura cristica con “il palmo delle mani verso l’alto”, occhi gonfi, caviglie fredde, faccia come “un portacenere ruvido”, il corpo “lisca allucinata”. La descrizione volutamente obiettiva in terza persona cui si obbliga il figlio, cede tuttavia presto il passo all’abbraccio di un colloquio diretto, dapprima rabbioso e incredulo (“Tu sei la melodia dei versamenti / pericardici, delle occlusioni / della progressione dei carcinomi”), e poi sempre più intenerito e affettuoso, e allora il padre adorato è accudito con pietosa dedizione, e poi consolato in un clemente invito all’abbandono del sonno: “Puoi lasciare, adesso, puoi lasciare / se sei stanco, se sei troppo stanco / per il troppo male, puoi lasciare”, “non preoccuparti, lasciati dormire / sotto le carezze, non avere paura, / ne abbiamo così tanta noi, lasciala a noi”.
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