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L’interesse degli studiosi verso la novellistica è, ormai da tempo, in continua crescita, in un panorama sempre più ricco di interventi, studi, ricerche, edizioni. Così, a dieci anni dal grande Convegno di Caprarola (19-24 settembre 1988), dedicato appunto a La novella italiana, è parso opportuno organizzare un secondo Convegno (Pisa, 26-28 ottobre 1998) che analizzasse Le forme della scrittura novellistica dal Medioevo al Rinascimento. L’obiettivo era, questa volta, fare il punto sugli studi in materia e approfondire specificamente l’area della novella italiana antica, per tanta parte ancora inedita e poco analizzata. Grande attenzione è stata posta, quindi, alla letteratura bilingue volgare/ latina (con particolare riferimento alla novella umanistica), tradizionalmente trascurata, mentre, rinunciando a troppo rigide definizioni formali, si è privilegiato lo studio delle dinamiche interattive tra generi letterari affini e delle forme narrative nel loro complesso. In questo modo è ben risaltata, in particolare, la ricchezza polimorfica della novella, quella stessa cui allude il logo prescelto per il Convegno, qui esibito in copertina, che designa visivamente il metamorfico e inestricabile intreccio di forme da cui nasce un genere destinato a grande successo nella cultura letteraria, non solo italiana, dei secoli a venire. I saggi ora agli Atti esaminano, così, tanto le radici letterarie e culturali del Decameron, quanto l’evoluzione della novella fino al Cinquecento, riconsiderando autori in latino e in volgare quali Francesco Petrarca, Leonardo Bruni, Enea Silvio Piccolomini, Matteo Bandello, Gianfrancesco Straparola, Anton Francesco Doni. Dalle numerose questioni affrontate – definizione e identificazione del genere e del relativo lessico retorico; individuazione delle fonti e dell’intertestualità; ricognizione delle varie forme narrative; esercizi di lettura delle singole opere – emerge una nuova immagine della novella, da cui non si potrà prescindere per le ricerche future.
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