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Attraverso uno stile spontaneo e immediato, Mattia Zadra porge al suo pubblico di lettori una domanda dal sapore inquietante: come vivreste sapendo di poter sentire in anticipo sopraggiungere la morte di chi vi circonda? “Farfalla”, edito da Chance edizioni, è il ritorno sulla scena letteraria dello scrittore e poeta trentino, dietro al quale sono sparpagliati i semi di una buona causa che vede parte del ricavato contribuire al rinfoltimento dei boschi trentini, danneggiati dalla tempesta Vaia nel 2018. 252 pagine – stampa su carta ecologica ‒ cariche di aspettative, dove il protagonista, al quale l’autore volutamente non dà un nome, un ragazzino alla soglia dell’età adulta, si ritrova orfano e con uno strano potere che lo condurrà lungo un viaggio metafisico vicino allo stato evolutivo di quell’insetto che da sempre affascina per la sua continua rinascita. Bruco, crisalide, farfalla o falena? Interrogativi esistenziali che nel romanzo assumono un tono conturbante, sottolineando come la condizione umana subisca le conseguenze della propria facoltà di scegliere, restando a volte inerme, talvolta agguerrita. L’ingranaggio inceppato nel petto del protagonista, che spesso cigola quando la coscienza fa capolino, è quel meccanismo formicolante di vita, in cui i giorni conservano esperienze e dolori e piaceri; un congegno che la maggior parte delle persone è costretta a oliare per non vederlo fermarsi, mentre alcune hanno la fortuna di averlo sempre intatto, e altre, invece, lo lasciano arrugginire perché stanche. Ho letto il libro di Mattia in due giorni, attratta dalla nostalgia che trabocca da quelle righe pregne di un perenne stato di infelicità. Mi ha sorpresa il modo introspettivo di vedere gli eventi, di percepire le emozioni. Il messaggio di speranza, la capacità di sacrificio, il coraggio di agire così come la paura, mi hanno condotto verso una consapevolezza che ruota intorno alla nostra personale facoltà di reagire, di essere in grado di rinnovarci, sempre.
A seguito di un incidente stradale, il protagonista del racconto – che narra in prima persona – si accorge di sentire un profumo. Un odore intenso, dolciastro, che non aveva mai sentito. Questo episodio rappresenta il punto di svolta di tutto il romanzo: poco dopo infatti, si rende conto che quel profumo che lui sente non è altro che l’odore della morte. Quella stessa morte che, arrivando solitamente inaspettata, ora viene invece anticipata. Questo, chiamiamolo, “potere” stravolgerà la vita del protagonista. Amicizie, lavoro, relazioni sociali saranno condizionate dal profumo. Il terrore di anticipare la morte dei propri cari lo attanaglierà giorno e notte. Sogni strani lo accompagneranno la notte, non facendolo dormire. La scrittura scorrevole di Mattia rende tutto più digeribile. Sì, digeribile, perché i fatti narrati sono tutt’altro che leggeri. La morte, la stessa che temiamo ogni giorno, diventa protagonista assoluta. Il poterla anticipare rappresenta da una parte un qualcosa che può essere sfruttato, dall’altra rappresenta invece una responsabilità immane per il narratore. Responsabilità che può essere tradotta in “ok, ora ho il potere di cambiare la vita alle persone. Posso fottere la morte”. Ho provato a mettermi nei panni del protagonista. Cosa farei io? Come mi comporterei? Non lo so. La morte è l’esatto opposto della vita, ma allo stesso tempo sono complementari. La morte deve esserci affinché ci sia la vita, affinché ciascuno viva ogni attimo come fosse l’ultimo, per non perderne neanche un pezzetto. Senza la morte, o meglio, fottendola, non si riuscirebbe a godere dei piccoli momenti che la vita ci offre. Ho letto con piacere il suo libro.
Ho letto con grande piacere il bel romanzo di Mattia Zadra“Farfalla”. Mi ha subito colpito l’idea che Zadra ha avuto di celare il narratore dentro il protagonista, di cui non si sa il nome, di cui si conoscono solo pochi dati ma di cui si percepisce, fin dalla prima riga, il grande interrogativo esistenziale. “Farfalla” lo considero un Bildungsroman, un romanzo di formazione appunto, in cui l’evoluzione da bruco a farfalla del protagonista, passando per quello stato asettico e abulico di crisalide, incalza insieme alle parole e ti fa percepire tutti gli stadi come se fossi tu a viverli, con lo scopo di farti crescere e migliorare. Zadra ti fa provare innumerevoli emozioni e ti mette davanti a svariati interrogativi che, ognuno di noi, almeno una volta nella vita si è posto. I temi che tocca nel suo romanzo sono molteplici e sarebbe difficile farne un riassunto in poche righe, anche perché è giusto che chi leggerà il libro non sia influenzato da qualsiasi resoconto fatto da altri. Il tema fondamentale, quello della vita e della morte, è descritto a volte con un freddo distacco e a volte con una grande partecipazione emotiva del narratore/protagonista; le parole che Zadra utilizza non passano mai senza lasciare un segno profondo nel lettore, le considero come un coltello affilato che fende l’anima in due: non puoi più permetterti di non decidere da che parte stare, dopo averle lette! Conosco quanto amore e quanta dedizione Zadra abbia profuso nella stesura di questo romanzo e ammiro la bellezza del progetto di generare vita con i proventi di questo libro. Entrambi sono valori che ritengo fondamentali: la forza di volontà e l’altruismo! Non posso che plaudire a questo lavoro che consiglio vivamente a tutti, non solo perché si fa una bella azione, ma soprattutto perché questa è vera letteratura!
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