«Bruciare sempre, bruciare tutto. Il fuoco splende e il fuoco pulisce.»
Montag fa il pompiere in un mondo in cui ai pompieri non è richiesto di spegnere gli incendi, ma di accenderli: armati di lanciafiamme, fanno irruzione nelle case dei sovversivi che conservano libri e li bruciano. Così vuole fa legge. Montag però non è felice della sua esistenza alienata, fra giganteschi schermi televisivi, una moglie che gli è indifferente e un lavoro di routine. Finché, dall'incontro con una ragazza sconosciuta, inizia per lui la scoperta di un sentimento e di una vita diversa, un mondo di luce non ancora offuscato dalle tenebre della imperante società tecnologica.
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In un'epoca non meglio precisata Mustag, pompiere al contrario,ha il compito di bruciare quel che resta dei libri, pochi volumi che alcuni temerari a rischio della vita cercano di nascondere dall'oblio della fiamme. Il potere salvifico della letteratura lo condurrà a ribellarsi all'appiattimento sociale e al dominio della televisione. Scritto nel 1953, questo romanzo risulta quantomai attuale. Un piccolo, grande capolavoro.
Che i libri vadano bruciati, la storia lo ha insegnato a Bradbury e a tutti noi; che si debbano bruciare perchè i libri insegnano l'infelicità è invece l'intuizione originale dell' autore. Se non ci si confronta con la complessità, non si saprà mai di essere infelici e si riterrà di non avere desideri da compiere per i quali vivere. Il romanzo ruota attorno a questa folgorante evidenza e forse instilla un dubbio ulteriore; che in fondo non ci sarà bisogno di bruciarli, i libri, perchè diventeranno comunque troppi e tutti insignificanti, quindi saranno trascurati, lasciati morire la loro morte. Non sta forse già avvenendo ?
Un bel libro, secondo me poteva dare di più sul finale che ho trovato un po’ povero, anche perché la premessa narrativa era molto interessante e secondo me poteva essere sicuramente più di mio gusto. Tutto sommato soddisfatto di averlo letto
Come recita l’introduzione, questo romanzo è un monito: amplifica gli aspetti più preoccupanti della realtà e ci permette di sperimentarne le potenziali conseguenze. Le tensioni geopolitiche, il dominio della tecnologia, il bombardamento costante di stimoli visivi e sonori, con le dovute differenze, permeano la nostra società quanto quella descritta da Bradbury, e attualizzano il romanzo. Una società in cui mancano qualità e spessore dell’informazione, tempo per assimilarla e il diritto di pensare con la propria testa e scegliere come agire, è una società in cui sono venuti meno i presupposti per la democrazia. È una società in cui nessuno ha più tempo per gli altri perché si è persa la capacità di provare empatia, in cui non ci si stupisce e non ci si indigna perché non si è in grado di farsi domande sulle cose del mondo. Guy Montag è uno dei tanti che non si fanno domande, brucia i libri perché dall’alto hanno deciso che sono pericolosi, ma qualcosa nella sua mente si apre quando incontra Clarisse: pagina dopo pagina siamo testimoni del suo risveglio, della sua ribellione, degli errori che commette e dei pericoli che corre nel tentativo di rovesciare lo status quo. Ma quella che sembra la sua salvezza è in realtà l’inizio di una sfida ancora più grande (che per me è il messaggio più significativo del libro): trasmettere l’importanza della memoria, di una storia condivisa, perché soltanto se «ad ogni generazione aumenta il numero di quelli che ricordano» si potrà evitare che un semplice monito diventi realtà.