In occasione della retrospettiva dedicata a Fabio e Mario Garriba al Festival di Torino, la prima (e forse ultima) monografia sui gemelli terribili del cinema italiano. Da Soave a Locamo, passando per il Centro Sperimentale di Cinematografia, Cinecittà e Campo de' Fiori, la rapida ascesa e il precocissimo declino di due talenti purissimi. Ovvero, "come non conquistammo il cinema italiano”... «Il film viene selezionato per partecipare al Festival Internazionale di Locamo che premia le opere prime. A sorpresa di tutti vinco il Leopardo d'oro! [...] La proiezione del film avvenne alle ore 17 di un venerdì 13 e, come se non bastasse, si intitola "In punto di morte" Dico questo perché non occorre essere superstiziosi convinti per aspettarsi qualcosa di strano! Infatti i critici, invitati al Festival, a quell'ora erano tutti al bar per l'aperitivo e nessuno vide il mio lavoro. Il giorno dopo quindi nessuna recensione! La sera della premiazione questi mi rincorrono disperati: non sanno cosa scrivere, cosa pensare, cosa fare. Gli racconto la storia del film, le mie intenzioni, spiego perché l'ho girato in un certo modo, ecc... Parte un comunicato ANSA che fa il giro di tutti i giornali in cui leggerò con stupore, ma anche con rabbia una storia completamente diversa dalla mia. La penna del critico, intinta nell'aperitivo, si era ubriacata! Questo episodio per dimostrare come un caso, tipo il mio, che oggi susciterebbe perlomeno curiosità, allora, nei favolosi anni '70, non venne assolutamente rilevato» (Mario Garriba). «Ringrazio, come fossero vivi!, Le Corbusier che da Parigi mi ha spinto al cinema, Jacques Tati che mi ha insegnato come ci si fa ad alzare dal letto ogni mattina facendo ridere in modo diverso, l'architetto Carlo Scarpa che in un mese di giugno all'Università di Venezia, sorprese tutta la mia commissione d'esame esclamando: "Una volta qui dentro c'era un solo genio, adesso siamo in due, e pensare che una volta ci chiamavano matti! "» (Fabio Garriba)
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