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Dopo l'utopia, l'integralismo? Invece della democrazia, l'assolutismo? Il disfarsi salutare e rischioso delle visioni del mondo genera un proliferare di superstizioni surrogatorie, magari tutte mondane e spesso di un'angustia disarmante. Così, per l'individualismo senza individui della società attuale, commerciale e pubblicitaria; così, per l'incontro di culture di questa fine di millennio, inteso come "teorizzazione e pratica della differenza come convivenza di obbedienze coatte": dal caso Rushdie, al fondamentalismo americano del politically correct, all'etica di clan delle bande metropolitane. Su questo sfondo va compreso ciò che Paolo Flores d'Arcais considera l'inganno ideologico di Karol Wojtyla, il quale propone se stesso e la propria chiesa, intrinsecamente illiberale, come unici baluardi dei valori sociali. Sul filo di simile disagio, l'autore propone un "patto del disincanto" in cui il bene laico e terreno della "democrazia presa sul serio" venga riconosciuto come l'unico tavolo a cui giocare tutte le carte della nostra irredimibile finitezza.
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