Dallo scoppio della Grande guerra all’aggressione della Russia di Putin all’Ucraina: questo è l’arco temporale di questo secondo tomo de L’età della globalizzazione. È una periodizzazione che si proietta gradualmente, ma velocemente, fuori da quella che è stata la centralità europea nei processi di globalizzazione ottocenteschi. Due guerre mondiali segnano, nell’arco di trent’anni fra il 1914 e il 1945, la marginalizzazione dell’Europa, resa emblematica non solo dalla sua divisione fra i due blocchi, ma anche dalla rapida perdita degli imperi coloniali che esprimevano il ruolo globale delle potenze europee. Inizia, nel secondo dopoguerra, una lunga stagione di globalizzazione duale nel mondo che permane fino alla crisi dell’universo comunista e alla dissoluzione dell’Unione Sovietica. Gli anni ’90 del secolo scorso sono di transizione accelerata verso un mondo multipolare, grazie alla rapida affermazione di nuove superpotenze economiche e, in prospettiva, politiche come la Cina e l’India. La globalizzazione finanziaria e commerciale si afferma sostenuta dagli Stati Uniti e dalle superpotenze emergenti, anche se in modo conflittuale. L’Unione Europea, area di pace nata dagli accordi di Maastricht del 1992, non sa stare ai tempi di un’accelerazione storica che cambia il quadro globale. Pensa se stessa come unione finanziaria e commerciale senza riuscire a darsi una guida politica forte e unitaria, facendo così venire meno la capacità di incidere nelle relazioni internazionali. D’altra parte, l’intero pianeta nel primo ventennio del XXI secolo non riesce a ritrovare una nuova stabilità, pur in un ordine multipolare. La globalizzazione fa emergere profonde fratture d’ordine religioso e culturale. Inoltre, si ripropone lo scontro di civiltà fra democrazie e autocrazie. L’aggressione russa all’Ucraina risuscita un modello di imperialismo di tipo ottocentesco e novecentesco nel cuore dell’Europa.
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