I confini disegnati alla fine della Seconda guerra mondiale in Europa e la conseguente nuova geografia politica delle regioni dell’Adriatico orientale, provocarono una ripresa delle emigrazioni economiche che si intrecciavano, talvolta in modo indissolubile, con gli espatri legali e clandestini di popolazione che si sentiva minacciata dal punto di vista ideologico e/o nazionale. L’esodo della popolazione italiana dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia è stata la reazione più diretta al radicale cambiamento di regime sociale e politico imposto alle proprie condizioni di vita dal comunismo jugoslavo. Non si dispone di dati effettivi su tutte le località, ma alcune rilevazioni permettono di comprendere quanto accaduto nei maggiori centri regionali e in particolare ha colpito la componente nazionale italiana che, fino al 1945, aveva detenuto l’egemonia culturale ed economica. Tra il 1943 e il 1944 sfollò più della metà della popolazione di Zara; nel triennio 1945-1948 il 64% di Fiume, nel biennio 1946-1947 il 63% di Pola; tra il 1947 e il 1949 il 51% della popolazione istriana e nel periodo 1953-1955 il 50% dei residenti nella Zona B del Territorio libero di Trieste. Per molto tempo sono prevalse tesi semplificanti per spiegare la natura e l’origine dell’esodo: secondo la storiografia politica jugoslava è stato un fenomeno artificiale, dettato da motivi economici e sostenuto dal governo italiano per motivi ideologici in nome dell’anticomunismo; secondo le associazioni degli esuli, è stato un piano preordinato contro la componente italiana riducendola a minoranza allineata al regime politico. “Esuli due volte” di Rosanna Turcinovich ci fa conoscere da vicino gli esuli che dopo essere costretti a lasciare le proprie terre, successivamente si sono trovati costretti a lasciare l’Italia, mantenendo però negli Stati in cui sono stati inviati dall’agenzia intergovernativa International Refugee Organization (IRO), con lo scopo di soccorrere i cittadini europei residenti nei territori devastati dalla Seconda guerra mondiale, profughi tedeschi espulsi dai loro paesi di origine e i rifugiati politici provenienti da territori contesi oppure sotto il controllo sovietico. La grande occasione è stato il raduno mondiale dei profughi giuliano-dalmati, tenutosi alle cascate del Niagara nel 2000 e poi seguito per oltre vent’anni attraverso un reportage di alto giornalismo che restituisce le storie, i ricordi, le ferite, ma anche quel senso di solidarietà tra persone che ritrovano, nell’altro esule dalla propria terra, il calore della casa che ha dovuto abbandonare.
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