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Settembre 1963. Blue Velvet di Bobby Vinton domina la top ten americana. Al cinema sta per scoppiare il ciclone 007, Dalla Russia con amore, mentre dall’altra parte dell’oceano esplode come una tempesta She Loves You dei Beatles. Un giovane di nome Andy Warhol, insieme a una banda di amici, si prepara ad attraversare in auto l’America, alla scoperta del West. Si respira un vento di cambiamento, e quello di Andy e dei suoi amici sarà un viaggio mitico… «Più ci dirigevamo a ovest – scrive Warhol – più sull’autostrada ogni cosa appariva pop. Improvvisamente sentivamo di far parte di qualcosa, perché anche se il pop era ovunque, per noi era la nuova arte. Una volta che diventavi pop non potevi più guardare un’insegna allo stesso modo. Una volta che pensavi pop non vedevi più l’America come prima». La parola pop è una delle più inflazionate del vocabolario comune. La si usa per indicare qualsiasi cosa: un gusto, uno stile, una moda, un atteggiamento. In realtà il pop definisce una particolare sensibilità estetica, nata e affermatasi in un preciso contesto storico e geografico,ma capace poi di attraversare le generazioni e i continenti. È un fenomeno culturale che non si è limitato alla sua espressione più nota, la Pop Art, ma che ha investito ogni aspetto della vita del secondo Novecento, dal gusto estetico individuale all’immaginario collettivo, dagli oggetti quotidiani agli ambienti urbani. Ponendosi come premessa del postmoderno, sostiene Andrea Mecacci, il pop ha dato espressione all’estetica più emblematica della tarda modernità, elaborando una vera e propria mitologia capace di penetrare la vita di ognuno di noi. Così, se Warhol in quel lontano ’63 scriveva che «il pop è amare le cose», qualche anno più tardi gli faceva eco Madonna sostenendo che «il pop è il riflesso assoluto della società in cui viviamo». Possibile darle torto?
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