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In quell’immenso periodo che va dalla fine del secolo scorso alla prima guerra mondiale, nel quale i meno-di-trent’anni di oggi potrebbero fare scoperte emozionanti e trovare le radici più vicine, e finora sconosciute, di molti dei loro motivi e dei loro problematismi, Alfred Jarry (1873-1907) è una delle figure più sfaccettate e inafferrabili. Come Rimbaud e Lautréamont – ma diversamente da loro, ‘letterato completo’, secondo Thibaudet – Jarry si pone all’inizio di una ricchissima genealogia perpetuatasi a tutt’oggi attraverso Fargue, il surrealismo, Artaud, Daumal, il teatro dell’assurdo. Eppure egli è rimasto per molti un autore conosciuto in modo parziale, perché la massiccia presenza di Ubu Re ha messo in relativa ombra la vastità della sua opera, soprattutto i suoi sorprendenti romanzi, una miniera di estri e preveggenze. Restano così ancora intentati molti dei labirinti che egli aveva escogitato per sé e per i suoi lettori.
Preceduto in questa edizione dai testi che ne costituiscono ‘l’ontogenia’, completato dal suo corredo iconografico e seguito dagli scritti riguardanti il teatro, lo stesso Ubu Re può ora essere letto in una prospettiva più esatta. Dopo Ubu Re – non satira ma, come ha detto Alain, ‘Grande Commedia’ che crea una figura sempre attuale e senza tempo – Jarry dedicò i brevi e frenetici anni della sua vita, a un’attività letteraria ‘privata’ se così si può dire, fino al 1900, e in seguito, a un lavoro di professionista della letteratura come collaboratore di varie riviste (soprattutto «La Revue Blanche») e autore di romanzi su ordinazione (Messaline, Le Surmâle), fino alla sua morte, ultimo atto di una calcolata impresa di autodistruzione.
La raccolta che pubblichiamo vuol passare per diverse fasi e strati della produzione di Jarry, per arrivare, attraverso un percorso di opere qui integralmente tradotte, nella maggior parte, per la prima volta, a ricomporre nei suoi elementi fondamentali la maschera di Jarry, quell’immagine insieme artificiale e selvaggia, raffinata e brutale, – una maschera-corazza, secondo l’interpretazione datane da Sergio Solmi nel suo saggio introduttivo – deliberatamente costruita in un tessuto fitto e continuo tra gli scritti e la sua vita. Così si troveranno qui due romanzi di impressionante modernità, I giorni e le notti, teoria e pratica dell’allucinazione in un contesto antimilitarista che arriva a punte estreme di vera anarchia, e L’amore assoluto, autobiografia mitologico-blasfema. Quindi i fondamenti della Patafisica, ‘scienza delle soluzioni immaginarie’, svelati e occultati nelle Gesta e opinioni del dottor Faustroll, documento per capire l’epoca compresa tra Mallarmé e Apollinaire, tra Manet e Bonnard, che Jarry aveva saputo intendere, anche nel suo aspetto scientifico, con inquietanti prefigurazioni come quella, ad esempio, dei voli spaziali; poi Ubu incatenato con il tema ‘della schiavitù della libertà’ che assume il senso di una ribellione a ogni forma di autoritarismo, anche a quello di massa. Dopo una scelta di Speculazioni, indicative di quella zona marginale della sua opera che qui è stata di proposito trascurata, conclude l’edizione ‘una delle più prestigiose suites fantastico-logico-assurde’ di Jarry, il torso del romanzo La dragona, dove ‘la battaglia’, per la cavillosità di una disposizione geometrico-strategica, può far pensare a un Paolo Uccello rielaborato in stile cubista, mentre l’insieme mostra in filigrana il testamento ultimo di quel personaggio ‘segno dei tempi’ come disse di lui Schwob nel 1894, che doveva, per i posteri, chiamarsi soprattutto Père Ubu.
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