L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
La corrispondenza tra Vincenzo Consolo e Leonardo Sciascia (1963-1988) permette di aggiungere interessanti dettagli al ritratto più noto dei due scrittori siciliani. Caduta l'iniziale barriera formale, subentra infatti nelle loro lettere una confidenza diretta e spontanea, che non censura i problemi di salute o quelli legati alla famiglia e soprattutto al lavoro.
La corrispondenza, prevalentemente letteraria, si fa così anche biografia del quotidiano. Tra i due corrispondenti, Consolo, pur nella sua garbata discrezione, è colui che più si mette a nudo, fiducioso di trovare nell'amico un ascolto attento e sensibile riguardo sia a problemi di etica relativi al ruolo dello scrittore, sia a indicazioni concernenti il lavoro, mentre Sciascia emerge, nella franca «dichiarazione d'amore» di Consolo, come il modello per eccellenza di scrittore e di intellettuale.
Consolo e Sciascia, Enzo e Leonardo, dialogavano attraverso le lettere, manoscritte o dattiloscritte, come gli scrittori d’oggi non fanno più. Si incontravano a casa dell’uno a Sant’Agata di Militello, o dell’altro, Caltanissetta, o s’incrociavano a Palermo («albergo Mediterraneo, Caprice, Flaccovio sono i luoghi in cui puoi trovarmi», raccomanda Sciascia a Consolo, amico e collega in un tempo in cui la telefonia mobile non era certo contemplata), o anche a Milano, quando il più giovane dei due si trasferì lì, iniziando a lavorare come addetto ai programmi culturali della Rai.
Si confidavano gioie e dolori privati, si concedevano chiacchiere letterarie (da Addamo a Piccolo, da Vittorini a Crovi, da Gadda a Morante, gli scrittori inevitabilmente sono protagonisti fra le righe), mai pettegolezzi, e riflessioni sulla ragion d’essere della scrittura. Un po’ più trattenuto, come da carattere, Leonardo Sciascia, più espansivo e audace, Vincenzo Consolo che non esita a scrivergli nel 1967, dunque ad amicizia consolidata: «A ogni tua nuova “cosa” provo sempre lo stesso piacere di tanti anni fa, quando, chiuso fisicamente e di “testa” nel mio natio borgo scipito, leggevo i tuoi primi libri e mi aprivo e apprendevo da questo mio scrittore e siciliano ideale del cuore della Sicilia. Non sorridere – nel tuo modo agghiacciante – di questa dichiarazione d’amore. La quale ora, del resto, si confonde tra quelle di chissà quanti altri».
Una corrispondenza, nata da un approccio iniziale del debuttante Consolo: nel 1963 aveva inviato al maestro di Racalmuto il suo primo libro, La ferita dell’aprile, che aveva suscitato sincero interesse in Sciascia. Corrispondenza che adesso è diventata un prezioso libretto, da centellinare, Essere o no scrittore. Lettere 1963-1988 (84 pagine, 14 euro). Le cinquanta missive (meno frequenti negli ultimi anni, quando s’infittirono le conversazioni telefoniche) provengono dall’archivio di Vincenzo Consolo e sono state messe a disposizione dalla sua vedova, Caterina Pilenga, e dalle figlie di Sciascia, Laura e Annamaria. Il volume è pubblicato dalla raffinata casa editrice Archinto, specializzata in epistolari, che ha affidato la curatela del carteggio fra Consolo e Sciascia a Rosalba Galvagno, saggista e docente universitaria (insegna Letterature comparate e Teoria della letteratura nell’ateneo di Catania), autrice anche dell’interessante introduzione, che spiega tutto il contesto di una duratura amicizia, vivificata, con questa pubblicazione, a trent’anni dalla morte di Sciascia e a sette da quella di Consolo.
Schiudere gli occhi su queste lettere di Consolo e Sciascia – l’ultima datata un anno e mezzo prima della scomparsa del più anziano – è un piacere, raccontano sì una grande amicizia, regalano acute letture critiche (un grande ed esaustivo pezzo di Sciascia su Il sorriso dell’ignoto marinaio, una profonda riflessione di Consolo su L’affaire Moro) spaccati familiari e dinamiche editoriali, ma soprattutto testimoniano una grande stagione della letteratura siciliana che, senza voler apparire nostalgici e passatisti, di sicuro non è ancora tornata. La stagione in cui Consolo e Sciascia scrivevano su testate nazionali e internazionali (entrambi amatissimi in Francia allora e ancora oggi, più che in Italia), lasciavano il segno nel dibattito, non solo culturale, tuonavano senza alzare la voce, armati solo della forza della scrittura.
Recensione di Salvatore Lo Iacono
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore