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La complessità dell’infrastruttura ermeneutica e antropologica che sorregge il pensiero di Bultmann è in gran parte sfuggita a coloro che negli anni ’50 e ’60 avevano partecipato al dibattito sulla demitizzazione del Nuovo Testamento. Nel tentativo di superare storicismo e antistoricismo, Bultmann cerca di correlare dialetticamente queste due posizioni. Difficile dire se egli riesca compiutamente nel suo intento: ciò avviene a prezzo di una svalutazione dell’elemento più “oggettivo” del comprendere e di una spiritualizzazione della storia. Consapevole della crisi culturale del proprio tempo, Bultmann è convinto che solo a partire dall’uomo come soggetto vivente sia possibile ricomporre la frattura con il passato e progettare responsabilmente il futuro. L’ermeneutica si realizza nell’antropologia, e viceversa.
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