Emma ricorda ogni pietra di Villa Freiberg: a volte, le sembra ancora di rivedere l’imponente facciata di finestre e cornici di marmo. È il luogo che ha dato rifugio a lei e al fratellino Benjamin quando, rimasti orfani, hanno seguito le ultime volontà del padre morto al fronte. Ma il risveglio da illusioni e sogni di salvezza è una porta che si chiude all’improvviso il giorno in cui Benjamin scompare per non tornare più. Benjamin, il bambino taciturno che amava la solitudine e disegnava con incredibile maestria. Benjamin, che è stato portato in una clinica insieme a molti altri come lui, considerati fragili e inadatti, per essere sottoposto agli esperimenti di scienziati nazisti disposti a sacrificare vite per inseguire un folle ideale di perfezione. Vittima di una delle operazioni più controverse della storia che, in silenzio, ha preparato il terreno all’orrore dei campi di sterminio. Da allora sono passati anni ed Emma non ha mai saputo cosa sia accaduto a Benjamin. Ma ora la villa è passata in eredità a una donna che, tra gli oggetti risparmiati dal tempo, ha trovato un vecchio anello e un plico di fotografie ingiallite. Forse sono indizi che conducono a Benjamin. Emma deve decidere se riaprire lo scrigno dei ricordi nascosti nella sua anima, anche se ciò vuol dire affrontare il dolore delle scelte e degli errori commessi. Perché forse non è troppo tardi per tenere fede alla promessa di prendersi cura e proteggere quel fratello troppo indifeso. Romina Casagrande ha conquistato i lettori con I bambini di Svevia, per mesi in classifica. Ora torna con un romanzo potente che fa riaffiorare uno degli orrori del secondo conflitto mondiale: le cliniche in cui venivano rinchiusi e torturati coloro che per qualsiasi ragione erano considerati diversi. Perché la tragedia non si ripeta non si deve dimenticare. E perché tutti possano ricordare, la letteratura dà voce a chi una voce non l’ha avuta. )
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