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Il volume è il risultato di una ricerca che ha indagato, dalla prima metà dell'Ottocento al secondo dopoguerra, la continuità delle logiche coloniali con le politiche europee in Africa e nell'area del Mediterraneo.
Nella prima parte, l'analisi del diritto coloniale fa risaltare il «lato oscuro» del pensiero occidentale, che ammetteva i diritti dell'uomo e del cittadino, proclamati dalla Dichiarazione della Rivoluzione francese, solo per i coloni nelle terre d'oltremare, ma li negava alla popolazione indigena. Al tempo stesso emerge l'ideologia, racchiusa nel diritto coloniale, di una «missione civilizzatrice» che rinviava in un futuro lontano e ipotetico la possibilità di un'«assimilazione» tra colonizzati e colonizzatori. Non è sorprendente ritrovare questa stessa dottrina al fondamento delle attuali politiche migratorie francesi. Di grandissimo rilievo si è rivelata la considerazione della pluralità degli «sguardi» – del colonizzatore e del colonizzato – che hanno consentito di cogliere la contraddizione fra la tradizione europea del liberalismo e dell'illuminismo e la durezza del «fatto coloniale» o, meglio, del «capitalismo coloniale», che emerge particolarmente attraverso l'analisi del pensiero di alcuni classici della storia delle dottrine politiche, da Locke a Diderot, a Kant, a Tocqueville, a J.S. Mill. Il volume approfondisce poi la dottrina dell'«Eurafrica», elaborata nel corso degli anni Trenta del secolo scorso, che enunciava la tesi della complementarietà tra Europa e Africa. Essa fu anche al fondamento – sulla base di una concezione neo-coloniale – della costituzione della Comunità Economica Europea del 1957. Sono infine considerati gli sviluppi di questa politica neo-coloniale, che si è tradotta nelle relazioni asimmetriche e nelle politiche protezionistiche dell'Europa rispetto ai paesi africani e ai paesi della «riva sud» del Mediterraneo. Solo la consapevolezza del proprio passato potrà dare all'Europa l'identità di una «potenza civile» portatrice dei diritti e dei principi della democrazia.
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