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Anne Carson è canadese, ma si guadagna da vivere insegnando greco antico. In "Era una nuvola" fornisce una personalissima versione dell' "Elena" di Euripide. In un gioco di specchi, Elena e Norma Jeane Baker si sovrappongono o meglio si giustappongono per amplificare reciprocamente la loro forza. "Fidatevi di Euripide. Fidatevi di Elena. Non andò mai a Troia. Marilyn era veramente una bionda." Entrambe lottano per affermare la propria identità, per non essere assimilate a puri simboli di bellezza, puri oggetti del desiderio. Per entrambe il conflitto è privato prima che pubblico." I greci valutano le donne meno dell'oro puro ma leggermente in vantaggio su buoi, pecore e capre ma anche, cosa più importante, Arthur è un uomo che crede nella guerra." Tra queste pagine gli uomini credono nella guerra quanto le donne la disprezzano. Elena stessa è definita un' arma di distruzione di massa con sembianze femminili. Se però le considerazioni intorno alle donne sono di questo tipo, è facile intuire le loro difficoltà, la loro insofferenza nel vedere ciascuna la propria identità monca, mai percepita integralmente e sempre come pericolosa: tanto pericolosa da scatenare una guerra o da apparire transitoria come una nuvola. Emerge però anche un chiaro attualissimo appello all'antimilitarismo e alla pace. Ciò detto, non ho mai trovato tanto interessanti delle lezioni di storia militare perché esse costituiscono il "cuore" meditativo dell' opera della Carson.
Rivisitazione di Elena, tragedia euripidea. L’autrice si muove tra passato e presente con l’intento di far rivivere la guerra di Troia, con personaggi che si ritrovano in una sorta di mondo parallelo.
Una versione postmoderna della celeberrima - e a mio avviso magnifica - "Elena" di Euripide, fatta di un unico, lungo monologo di Norma Jeane Baker alias Marylin Monroe (emblema, come Elena, della bellezza femminile fatta oggetto di desiderio, addirittura casus belli). Molto interessanti, per il valore antimilitarista (presente anche nell'originale euripideo), gli intermezzi linguistici, in cui viene analizzata una parola alla luce di vari aspetti della caratteristica polisemia del greco: con la parola ἁρπάζειν ("prendere") si coglie un fiore, si stupra una donna, si occupa una città, «[...] parole macchiate dal giovane sangue di ragazza, dall'ultimo sangue di antiche città, dall'isteria per la fine del mondo. A volte penso che la lingua dovrebbe coprirsi gli occhi mentre parla» (41).
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