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L' era dell'accesso. La rivoluzione della new economy - Jeremy Rifkin - copertina
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L' era dell'accesso. La rivoluzione della new economy
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Descrizione


In questo libro Rifkin analizza le strutture organizzative dell'economia delle reti e i meccanismi dell'informazione caratteristici dell'era che si apre, evidenziando i rischi e le opportunità che si prospettano per lo sviluppo della società e l'emancipazione dell'uomo nel ventunesimo secolo. Da un lato il potere dei "nuovi tiranni" del progresso, i più grandi e importanti provider internazionali, destinati a gestire l'eccesso a ogni attività e a controllare la vita di ciascuno di noi in una società dove si accresce il divario tra chi è "connesso" e chi non lo è; dall'altro la possibilità di una maggiore diffusione della conoscenza, della democrazia e del benessere, e l'affrancamento dalla "schiavitù" del lavoro.
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Dettagli

2001
Tascabile
10 aprile 2001
9788804486756
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Indice


Le prime frasi

I

Entrare nell'era dell'accesso

Il ruolo della proprietà privata sta cambiando radicalmente, con effetti di straordinaria portata sulla società. Per tutta l'era moderna, proprietà privata e mercati sono stati sinonimi; anzi, la stessa economia capitalistica è fondata sull'idea di scambio di beni in liberi mercati. La parola "mercato", apparsa nella lingua inglese intorno al dodicesimo secolo, si riferiva a uno spazio fisico in cui venditori e compratori trattavano merci e bestiame. Ma, già alla fine del diciottesimo secolo, il termine aveva perso ogni legame con qualsiasi riferimento geografico ed era utilizzato per descrivere astrattamente il processo di compravendita di beni. Un processo così connaturato alla società in cui viviamo da impedire d'immaginare un modo diverso di strutturare l'attività economica. Il mercato è un elemento importante e pervasivo della nostra vita. Tutti, volenti o nolenti, siamo profondamente condizionati dai suoi umori e dalle sue oscillazioni, al punto che il suo stato di salute è diventato una misura del nostro benessere personale: se il mercato è effervescente, ci sentiamo eccitati e allegri; se è fiacco, ci deprimiamo. Il mercato è la nostra guida e il nostro consigliere; a volte, è perfino la rovina della nostra esistenza.
Alcune delle prime esperienze sociali dei bambini sono esperienze di mercato: chi, da ragazzino, non si è affacciato timidamente sulla soglia di un negozio per domandare, puntando il dito su un prodotto esposto in vetrina: "Quanto costa?". Fin da piccoli impariamo che quasi tutto ha un prezzo e che tutto è in vendita; crescendo, veniamo iniziati al lato oscuro del mercato con una sorta di "caveat emptor", "chi compra stia in guardia". La mano invisibile del mercato regola la nostra vita, gran parte della quale è dedicata a tentativi di acquistare a poco per rivendere a caro prezzo. Ci viene insegnato che acquisire e accumulare proprietà è parte integrante del nostro temporaneo passaggio terreno e che, in qualche misura, ciò che siamo riflette ciò che possediamo. La nostra cognizione dei meccanismi che governano il mondo è condizionata da quello che riteniamo un istinto primordiale a scambiare beni e a diventare proprietari.
Veneriamo il mercato con una devozione che non ammette incertezze: tessiamo le sue lodi e ammoniamo i suoi detrattori. Chi, almeno una volta nella vita, non ha difeso con appassionato trasporto le virtù della proprietà privata e del mercato? Perfino le idee di libertà individuale, di diritto inalienabile e di contratto sociale non sono che sfaccettature di questa essenziale e imprescindibile convenzione sociale.
Oggi, le fondamenta della vita moderna cominciano a sgretolarsi. Le istituzioni che, in un tempo non lontano, hanno spinto gli uomini a combattere battaglie ideologiche, rivoluzioni e guerre, stanno lentamente svanendo, mentre una nuova costellazione di realtà economiche spinge la società a ripensare i legami e i vincoli che nel prossimo secolo definiranno i rapporti fra gli uomini.
Nella nuova era, i mercati stanno cedendo il passo alle reti, e la proprietà è progressivamente sostituita dall'accesso. Imprese e consumatori cominciano ad abbandonare quello che è il fulcro della vita economica moderna: lo scambio su un mercato di titoli di proprietà fra compratori e venditori. Questo non significa che, nell'era dell'accesso prossima ventura, la proprietà privata sia destinata a scomparire. Piuttosto, è vero il contrario: continuerà a esistere, ma è molto improbabile che continui a essere scambiata su un mercato. Nella new economy, il fornitore mantiene la proprietà di un bene, che noleggia o affitta o è disposto a cedere in uso temporaneo a fronte del pagamento di una tariffa, di un abbonamento, di una tassa d'iscrizione. Lo scambio di proprietà fra compratori e venditori - l'aspetto più importante del moderno sistema di mercato - cede il passo a un accesso temporaneo che viene negoziato fra client e server operanti in una relazione di rete. Il mercato sopravvive, ma è destinato a giocare un ruolo sempre meno rilevante nelle attività umane.

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ninonux
Recensioni: 5/5

la forza profetica delle pagine scritte da questo straordinario sociologo è semplicemente stupefacente!

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Fabbris Pierluigi
Recensioni: 4/5

Un libro nel quale Jeremy Rifking monumentalmente descrive la situazione attuale prova proiettarsi nel futuro. Tenta di proiettarsi nel futuro partendo col descrivere le sfide che il nuovo contesto che si sta prospettando stimolando un dibattito che si prospetta essere epocale quanto quello dei diritti di proprietà nell'epoca industriale.

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Bruno
Recensioni: 3/5

Un libro già vecchio quando è uscito, travolto dalla crisi della new economy, scritto nel suo solito stile compilativo - mette sostanzialmente insieme dati e studi altrui - semplice, diretto. Molti degli esempi riportati (es qualcuno sulle innovative scelte della Chrysler) si sono rivelati fallimentari alla prova dei fatti. Rifkin ha comunque il pregio di far riflettere, anche se, questa più di altre opere dell'autore, sembra un instant book per sfruttare l'onda di internet et similia.

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La recensione di IBS


«Quando quasi tutto quello che ci riguarda diventa un'attività a pagamento, l'esistenza si tramuta nella più sofisticata forma di prodotto commerciale, e la sfera economica nell'arbitro finale della nostra vita personale e sociale.»

Perché leggere un libro di economia? Per quale ragione l'opera del presidente della Foundation on Economic Trends è dibattuta da quotidiani e televisioni, coinvolgendo filosofi, intellettuali e politici? Semplicemente perché L'età dell'accesso è davvero un testo rivelatore: descrive l'oggi e il domani, riflette sulla rivoluzione in atto che, per la sua particolare natura, partendo dalla sfera economica si fa, a pieno titolo, rivoluzione culturale, prospetta una radicale trasformazione sociale e politica da cui nessuno (ma proprio nessuno) può sfuggire, vede come il corpo, la mente, le relazioni, la vita degli uomini si subordino ad un nuovo ordine mondiale.

Bisogna prima di tutto partire dal concetto espresso nel titolo: l'età dell'accesso è quella di cui stiamo vedendo gli albori e che prevede la fine dei tradizionali concetti economici di mercato, proprietà, beni. "Accesso" (sostantivo che inizia ad assumere l'attuale significato solo dal 1991) significa poter usufruire di servizi, cultura, informazione, relazioni, ricchezza; "accesso" come parola-chiave, nella nuova società delle reti, per entrare nell'esistenza e non esserne esclusi, per essere in qualche modo attori di questa realtà che ha sostituito il bene immateriale a quello materiale, l'uso momentaneo all'acquisto, il rapporto fornitore di servizi-utente a quello tradizionale compratore-venditore. Il pensare poi che solo poco più del 25 per cento dell'umanità ha la reale possibilità di accedere alla nuova economia delle reti e che almeno il 60 per cento della popolazione della terra è, e sarà, esclusa da questo sistema mostra come il divario tra chi esiste davvero e chi lotta ogni minuto per sopravvivere si stia facendo incolmabile. Tutto, sempre più, viene offerto come servizio, dato in uso, in affitto: non conviene acquistare, possedere, ma utilizzare, per il periodo necessario, ciò che è da altri posto in rete: spesso il "bene" è addirittura regalato perché non è da quello che viene ricchezza, ma dai servizi a quello collegato. Quindi sempre maggiore sarà la concentrazione di chi può offrire tutta una serie di servizi, e ancor più, di conoscenze. La cultura infatti è la più preziosa delle merci: l'intelligenza, le idee sono le prime a essere "affittate", subordinate al commercio, alla redditività e alla richiesta del nuovo mercato. In una recente intervista Rifkin ha tributato un elogio all'Italia: qui, dice, il rapporto cultura-commercio vede ancora la prima come valore superiore, negli Stati Uniti invece nessuno, istintivamente, lo pensa più. La mutazione intellettuale si è così risolta nella totale subordinazione dell'intelligenza al suo uso mercantile. Ma anche la sfera affettiva, il mondo di relazioni sta cambiando. Si è capito come vendere "comportamenti" sia altamente fruttuoso, come mercificare i rapporti sia ormai necessario, in quanto il nuovo concetto di libertà (caduto quello classico che considera l'autonomia come massima espressione dell'essere liberi) che vede la relazione (la rete appunto) come autentica forma di libertà, pone anche l'esigenza di creare rapporti "artificiali" all'interno del sistema. L'esasperazione di ciò è ben rappresentata dal film The Truman Show, ma altrettanto agghiaccianti sono i sempre più numerosi CID (common interest developments) comunità residenziali che offrono non tanto appartamenti (bene secondario e meno interessante), quanto stili di vita: "l'acquisto della casa rappresenta il biglietto d'ingresso a uno stile di vita preconfezionato". Altro esempio, diffuso e sotto gli occhi di tutti, può essere la vendita in multiproprietà in località turisticamente attrezzate, o le agenzie di viaggio che offrono vacanze "programmate" a seconda del target di riferimento. Riprogrammare la mente quindi è necessario, e questo inizia a valere anche per gli affetti e i sentimenti.

E allora non c'è via di scampo? Il libro non è e non vuole essere apocalittico, è solo la descrizione di un processo in atto e la verifica delle sue conseguenze. Ma esiste anche (tutta la Storia è stata questo) una dialettica: la protesta di Seattle lo dimostra, il bisogno di una nuova ecologia della mente e di riappropriarsi delle proprie caratteristiche genetiche, etniche, delle particolarità culturali che la tradizione ha creato. Quindi sarà indispensabile molta attenzione (in quanto la pervasività di questa rivoluzione che non può e non sarà fermata tende a togliere il necessario senso critico per osservarne le conseguenze), momenti di "silenzio", attimi in cui si esce dall'"accesso" e si riflette su noi, sul mondo e soprattutto sugli "altri", gli esclusi, i "non collegati" alla vita.

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Conosci l'autore

Jeremy Rifkin

1945, Denver (Colorado)

Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on Economic Trends di Washington, insegna alla Wharton School of Finance and Commerce. I suoi corsi all'Executive Education Program vertono sul rapporto fra l'evoluzione della scienza e della tecnologia e lo sviluppo economico, l'ambiente e la cultura. Attivista del movimento pacifista negli anni '60 e '70, ha fondato nel 1969 la Citizens Commission per denunciare i crimini di guerra americani nella guerra del Vietnam. È il fondatore e presidente della Foundation on Economic Trends (FOET) e presidente della Greenhouse Crisis Foundation.Fra i suoi libri tradotti in italiano: La fine del lavoro (1995) che ha rivoluzionato l'idea di lavoro gettando le basi per molte delle teorie contemporanee, Il secolo biotech (1998), Entropia (1982), L'era dell'accesso...

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