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Con Gilgameš, almeno millecinquecento anni prima di Omero, si manifesta la figura dell’eroe nella letteratura, una volta per sempre. Campeggiante fra cielo e terra, confitto in una macchina cosmica che appunto in Mesopotamia venne perfezionata, è il primo personaggio, la prima voce di singolo che ci parla. Per due terzi divino, per un terzo umano, Gilgameš re di Uruk vuole ciò che vorranno tutti gli eroi: vincere il mostro. Ma l’eroe evoca naturalmente un doppio, un rivale che diventerà il compagno per eccellenza: e allora appare Enkidu, l’uomo che lascia la vita selvaggia per seguire l’eroe e trovare la morte. I mostri che i due amici avevano ucciso insieme non erano dunque i soli, né i più forti. Dietro di essi, si propone un’altra sfida: la morte. Così Gilgameš affronta, ormai solo, l’impresa di là da ogni impresa: la conquista dell’immortalità. Tutti gli episodi di questa epopea – i viaggi, gli scontri, le seduzioni, gli inni, i lamenti – rimangono come modello per ogni letteratura. Ogni volta che qualcosa di simile ci viene raccontato, sentiamo dall’oscurità la voce della storia di Gilgameš, il «re che conosceva i paesi del mondo». E ricordiamo: «Egli era saggio: vide misteri e conobbe cose segrete: un racconto ci portò dei giorni prima del diluvio. Fece un lungo viaggio, fu esausto, consunto dalla fatica; quando ritornò, su una pietra l’intera storia incise».
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In questo libro riscopriamo l’antico mito mesopotamico di Gilgamesh, le cui avventure sembrano essere state d’ispirazione per il poeta che, secoli dopo, narrò l’Odissea. Importante, dal punto di vista mitologico, è soprattutto il racconto del diluvio, che funge da anello di congiunzione tra la mitologia dei popoli della Mesopotamia e la Bibbia. Un libro molto importante e allo stesso tempo una fiaba divertente e coinvolgente, consigliata a tutti.
L’Epopea precede di un milione e mezzo di anni circa i poemi omerici, eppure ci accorgiamo subito che quest'opera, come ogni poema, rappresenta benissimo i temi più universali e sempre attuali: il contrasto tra la vita e la morte, tra il dolore e l'amore. Gilgamesh è un po' Omero, un po' Achille, un po' Dante, è un avventuriero, un errante come don Chisciotte, attraversa il mondo in lungo e in largo per fuggire alla morte, per cercare la vita eterna. Rappresenta l'ostinazione umana, ogni uomo vive la sua vita senza pensare al morire, rifuggendone il pensiero, cercando di mantenersi sempre in vita. La sua è l'ostinazione di chi vuol andare oltre i suoi limiti.
Un classico della letteratura antica che va letto e riletto per essere compreso a dovere. L'edizione a cura di Adelphi inoltre è sempre caratterizzata da una qualità eccellente e una superba cura dei dettagli.
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