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Ponderoso volume, nella prima parte raccoglie gli atti di una serie di giornate di studio, succedutesi nel 2007, in occasione del doppio anniversario del centenario della nascita e del trentennale della morte di Emilio Sereni, mentre nella seconda pubblica un prezioso documento, la sua tesi di laurea, discussa il 28 luglio 1927 a Portici, su "La colonizzazione agricola ebraica in Palestina". I materiali sono tanti e diseguali, anche se ciò non arreca danno all'economia generale del testo e, più in generale, al suo obiettivo, quello di consegnare al lettore un ritratto a tutto tondo di una figura, a tratti severa, poiché informata a un ascetismo culturale e a un rigore morale che trasfuse costantemente nell'impegno politico. Militante e dirigente comunista, ma anche studioso di vaglia, autore di una "storia del paesaggio agrario italiano" a tutt'oggi considerata una pietra miliare, Sereni appartenne a pieno titolo a quella generazione di padri costituenti che nella lotta al fascismo identificarono le ragioni e i contenuti di un'Italia che avrebbe dovuto superare non solo il mussolinismo, ma anche le discrasie e le incongruenze del liberalismo politico. Di quella stagione parrebbe esserci stato preservato oramai poco. Non a caso il sottotitolo del testo rinvia alla necessità di ritrovare la memoria delle persone come delle storie che si consumarono in quegli anni tragici e vivaci. Emilio, e con lui i suoi fratelli Enzo, sionista e socialista, ed Enrico, noto fisiologo, furono gli interpreti di un paese possibile, ma non sicuro, quello che contrapponeva alle derive populiste il senso della responsabilità e il cammino dell'emancipazione. Laddove il senso della necessità si incontra con quello della possibilità. Quanto sono ancora attuali? O forse siamo noi a non esserlo più?
Claudio Vercelli
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