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Anno edizione: 1998
Anno edizione: 2013
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Immersi nell'atmosfera di una città di Nuoro ottocentesca, con i suoi riti, le sue feste e la laboriosità pastorale, il lettore è pienamente coinvolto nella drammatica passione del giovane Elias; ne segue il travaglio interiore e con lui soffre per le ricadute nel peccato. Si è incantati dalla descrizione dei paesaggi misteriosi e fatati anche se talvolta ripetitivi e oleografici, ma una lettura appassionante per la trama e per la descrizione della vita e delle tradizioni di questa affascinante città.
La Deledda (premio Nobel per la letteratura) ci avvince con questo romanzo breve, ma forte e pieno. Sembra di vederla e di sentirla questa Terra di Sardegna , sembra di vederli questi personaggi, granitici, vigorosi, dotati di una forza tale da trasmeterla anche a chi legge. Elias Portolu personaggio forte e ahime'! fragile al tempo stesso e' il protagonista che si dipana in una vicenda tormentata e a tratti estremamente scabrosa, benche' sapientemente intrecciata. Dolore, angoscia e colore locale pervadono l'opera che non e' da sottovalutare ed e' sicuramente una delle piu' misconosciute della grande scrittrice nuorese. La lettura non sara' lunga e non richiedera' molto tempo, un motivo di piu' per assaporarla cercando di coglierne appieno anche i tristissimi ed amarissimi risvolti illustrati da una mano maestra e conoscitrice delle umane miserie. Il dilemma affrontato dal protagonista Elias, ex detenuto poi convertitosi al sacerdozio, e' grave e di difficile risoluzione. Non e' certo una lettura da prendere a cuor leggero e'la rappresentazione di un dramma familiare molto grave sviluppatosi in una delle province piu' remote della nostra Italia. In ogni caso alla fine il lettore avra' sviluppato un forte senso di pieta' e commiserazione nei confronti di tutti i personaggi di questa storia quasi fosse una vecchia stampa da cui affiorino antichi dolori. I giovani, in ogni caso, dovrebbero cercare di riscoprire Grazia Deledda questa grande scrittrice italiana.
L'ho letto dopo Marianna Sirca, e sinceramente mi è piaciuto molto meno...ci sono molti più dialoghi ma molte meno ambientazioni e descrizioni, cmq calarsi nel mondo interiore di Elias risulta certamente alquanto ostico, soprattutto ad un secolo di distanza. Ma i capolavori non sono immortali?...a parer mio non è questo uno dei libri più belli della scrittrice sarda.
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