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Edward Hopper. Pittore nel silenzio di Sergio Rossi e Giovanni Scarduelli è un piccolo gioiello. Graphic novel edita da Centauria che ho amato molto, ti fa immergere completamente nella vita dell’artista, con non molti dialoghi, ma cambiando stile – attraverso la tecnica del pennello – riesce pienamente a farci avvicinare/innamorare del percorso artistico di questo immenso artista. «[...] Comunque, il tuo successo fu una bella rivincita Rivincita contro chi? Gli artisti dell’action painting, dell’astrattismo Ah, quelli. Secondo loro non si possono fare ulteriori progressi nel rappresentare la natura. E quindi cercano di sostituire la rappresentazione con una calligrafia molto, ma molto più semplificata e decorativa. E’ una direzione di ricerca sterile e senza speranza. Una pittura indecifrabile e impotente che se avesse qualcosa da dire non potrebbe dirlo. Comunque li ho già affrontati ai tempo di “reality”. Storia finita. Eppure c’è chi accosta il tuo nome a quello di Pollock come i due poli dell’arte americana. Non esiste l’arte americana. Lo so, ti stupisce sentirlo dire da uno che vota conservatore ma, come la maggior parte degli americani, sono un amalgama di molte razze. Quindi non ho mai cercato di dipingere la scena americana, come Grant Wood per esempio. Io ho cercato di dipingere me stesso. Anche se la gente ha pensato che sia stato un realista perché mi confondevano con uno che imita la natura. Guy diceva che avevi trasformato il tuo puritanesimo in purismo, in rigore e precisione stilistica».
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