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La disamina filosofica sull’uomo parte dall’analisi dei bisogno, concepito sotto diverse sfaccettature, dalla mancanza, intesa come finitudine, alla concezione del bisogno economico, che pure è importante per la questione antropologica. Vi è, dunque, in azione un concetto multidimensionale e polisemico di bisogno, la cui indagine richiede di accedere alla complessità del reale senza tralasciare la necessità che le culture e le discipline interagiscano proficuamente tra loro. Il bisogno dice chi siamo, per cui secondo Signore esso assurge a costante antropologica, sebbene poi l’opzione della fenomenologia sia abbastanza palese nel tentativo di radicare il bisogno soprattutto nel corpo, lo scrigno dei sentimenti. La via percorsa qui da Signore si muove proprio nella direzione della critica dei paradigmi deterministici, riduttivistici e materialistici dominati dal tripudio della ragione calcolante, per fare emergere alla fine il fatto che i legami di solidarietà e la possibilità dello scambio non possono più essere raggiunti mediante il mero richiamo all’essenza dell’uomo. Nemmeno il richiamo kantiano all’universalità può funzionare per attivare legami umani, per cui occorre avviare una politica della differenza, affinché il riconoscimento non sia una questione di identità legata a ristrette cerchie di comunità di sangue, ma una questione di scambi liberali, di adesioni libere e inclusive. Nel dialogo, tuttavia, ne va della propria identità, per cui l’ipotesi dell’ibridazione della culture è sempre da considerare realistica e inevitabile in un contesto pluralistico caratterizzato dall’assenza di pregiudizi, dalla pari dignità di tutte le posizioni culturali e politiche e dalla libertà della scelta.
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