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Il momento piú originale dell’arte ruzantiana è segnato, per generale consenso della critica, dai Due dialoghi in lingua rustica , che la leggenda degli antichi frontespizi definisce «sententiosi, arguti et ridiculosissimi ». Il sottotitolo risale certamente alla pubblicità editoriale, volta ad assicurarne lo spaccio con la procacciante promessa di divertimento; in realtà il loro contenuto è tutt’altro che comico, nel senso corrente della parola, anche rispetto al gusto cinquecentesco. I due brevi componimenti (piccoli drammi in un atto, quel che oggi diremmo degli «atti unici») paiono cronologicamente situarsi in un comune momento di amara riflessività, prossima al tono cupo della Moscheta . Si direbbe che nella misura essenziale di questi mimi villaneschi (o, alla maniera dei senesi del tempo, di queste «egloghe alla martorella» o «rusticali»), il Ruzante sia finalmente riuscito a definire, con vigore di sintesi, i caratteri peculiari della sua poetica e della sua visione del mondo. Dalla Nota introduttiva di Ludovico Zorzi
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