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«State a sentirli, i figli della notte! Questa è la loro musica!»
«Basta l'inizio: con questo Jonathan Harker, procuratore legale in quel di Exeter, che arriva in Transilvania, e si trova immediatamente avvolto in un clima di mistero e di scongiuri, fino a che di notte, tra lontani lupi che ululano e cavalli dalle narici infuocate, arriva in un castello dove un signore vestito di nero, dagli occhi troppo rossi e dai denti troppo bianchi... e il gioco è fatto! Impossibile uscire da quel clima, impossibile allentare la tensione, e non seguire con ansia partecipe la sorte di quei personaggi. Perché, bene o male, questo dandy dalla tetra figura ci attira e ci spaventa al tempo stesso (come tutto ciò che è peccato o che ci fa ingrassare); perché Mina diventa l'oggetto di tutte le nostre preoccupazioni; perché del professor Van Helsing sposiamo l'indefessa fede nell'inconoscibile e nel mistero, e la sua integerrima crociata contro il Maligno; perché la schermaglia tra Dracula che architetta il suo ritorno a casa e gli altri che ne svelano a una a una le mosse finisce con l'appassionarci e con il coinvolgerci come per una partita a scacchi; fino allo strepitoso finale, quando le tre diverse pattuglie dei 'cacciatori' convergono, con un ritmo che ricorda quasi lo stretto di una fuga per organo o l''arrivano i nostri' dei migliori film western, a sbarrare al Vampiro la strada verso il castello della sua sicurezza.» (dalla Prefazione di Luigi Lunari).
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Capolavoro dell'horror, ambientazione inquietante e tenebrosa condita dal magnifico castello della Transilvania, la nebbia, lupi e pipistrelli, il manicomio, sonnambulismo, il controllo della mente, la sete di sangue, il delirio, il cimitero, le bare…. E poi c’è lui….il Conte e suoi seguaci demoni……. Da tenerti compagnia anche la notte a leggere e continuare la storia nei tuoi incubi……
Un grande classico dell'horror gotico, ma purtroppo non mi ha entusiasmato.
“In una di quelle grandi casse — cinquanta in tutto — su un mucchio di terra scavata da poco, giaceva il Conte! Era morto, o addormentato, non lo capivo — perché gli occhi erano aperti e immobili, ma senza l'aspetto vitreo della morte — le guance avevano il calore della vita pur nel loro pallore, e le labbra erano rosse come sempre.”
Recensioni
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