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La gioia di vivere, la giovinezza viene preservata da tre donne fin dai banchi di scuola nella Pisa anteguerra.
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Ogni racconto di Adorno parte dall'esperienza vissuta, nei sui libri lei ordina le sue memorie. Ricordi sparsi per l'Italia, queste dorate stanze aprono le finestre sulla Toscana dove è stata bambina. É una donna nata nel 1921, ha attraversato una guerra, ha avuto un marito, dei figli, ha fatto l'insegnante ha viaggiato tanto e scomoda. Tutto ciò, abbreviato così, può sembrare affatto interessante, invece Luisa Adorno mentre racconta dipinge quadri: anche quando narra di un banale ricordo d'infanzia ti ritrovi davanti ad una piccola opera d'arte.
Recensioni
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«Eppure sarebbe bastato che erompesse una risata - si legge nella Noia del '937 di Brancati, il racconto che forse più intensamente risuscita le atmosfere degli anni Trenta italiani, - una di quelle risate squillanti, energiche, di autentica e personale gioia, perché tutti trasalissero di stupore, d'invidia e infine di vergogna, come un'accolta di suonatori stonati alla pura arcata di un Paganini». Questa risata Pirandello, probabilmente con la stessa intuizione, si era provata a farla esplodere un po' prima; ma in queste pagine di Luisa Adorno la ritroviamo come autentica e personale gioia che erompe dalla giovinezza delle tre protagoniste, nel primo di questa «storia in tre tempi». Cresce nell'aula del liceo a vincere «la noia dei brani di Mussolini da dilatare come temi in classe»; si modula d'ironia tra i piccoli fatti della Pisa d'anteguerra; si effonde ai goffi primi amori. Se le bombe la confondono nella diaspora della guerra, riesplode di entusiasmo con la Liberazione. Vibra ancora se la vita, che ha tentato logorarla, dà infine il suo ultimo bilancio: «la giovinezza è salva, per noi tre». Per questo danno il senso della religiosità compiuta - intesa come rispetto nell'accostarsi al respiro profondo dell'esistenza - gli incontri che animano gli altri due tempi della storia. Incroci con personaggi che non hanno nulla da salvare: con Anna, la matrigna coetanea, prigioniera del grande palazzo del Sud; col chiuso mal di vivere di Agathe, padrona della casa svizzera «che non ha visto la guerra».
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