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Dopo la crisi raccoglie contributi di studiosi e sindacalisti europei che, consapevoli della profondità dell'attuale recessione, cercano soluzioni per superarla (il volume comprende 16 capitoli del testo inglese originale, pubblicato da European Trade Union Institute, Bruxelles 2010, con traduzioni di Giuliano Battiston, Laura Bisio, Alessandra Cataldi, Matteo Lucchese, Elisabetta Segre, Anna Villa, e 14 capitoli originali di autori italiani). Il libro prende le mosse da alcune considerazioni sulla crisi, che evidenziano l'insostenibilità del modello economico dominante e nel contempo mettono in luce come la crisi abbia aperto l'opportunità di riforme progressiste sul piano sociale ed ecologico, ostacolate tuttavia dalle forze conservatrici che cercano di ristabilire la loro egemonia intellettuale non appena si profila qualche segnale di ripresa.
L'interesse del volume sta non tanto nell'analisi delle cause della crisi, delineate nella parte introduttiva, ma nel tentativo di offrire proposte concrete per un modello di sviluppo sostenibile dal punto di vista economico, finanziario e ambientale. Sono per lo più proposte estranee al dibattito politico: obiettivo del libro è quello di farle emergere per aprire la strada a riforme che mettano un freno all'instabilità del sistema.
La prima parte è dedicata alla riflessione sulla crisi finanziaria. È evidenziata l'enorme crescita della finanza determinata da cosiddette innovazioni che hanno provocato un aumento smisurato delle attività speculative e mutato la funzione delle banche, aumentandone la fragilità. Si ipotizza quindi una serie di possibili riforme del sistema monetario e finanziario internazionale e si propongono alcune misure attuabili dai singoli stati.
La finanza è stata salvata, pressoché ovunque, con i soldi dei contribuenti, mettendo in crisi i conti pubblici. Le immani spese per il salvataggio del sistema finanziario hanno ridotto i margini per una politica della domanda pubblica, specie in Europa. Eppure non è possibile risolvere i problemi dal solo lato dell'offerta, in particolare attraverso la flessibilizzazione del mercato del lavoro, come vorrebbe la versione del neoliberismo che ha indirizzato le politiche macroeconomiche e industriali dell'Unione Europea. Sul piano delle politiche congiunturali occorrerà rafforzare le misure anticicliche. Sul terreno delle politiche della crescita occorrerà passare a un'economia in grado di affrontare la questione della sostenibilità ambientale attraverso un profondo cambiamento della struttura produttiva, teso a privilegiare i servizi di cura e la produzione di beni di alta qualità. Le politiche neoliberiste degli ultimi vent'anni hanno lasciato le decisioni sull'evoluzione dell'economia ai mercati e alle grandi imprese; ne è risultato un ridimensionamento dell'occupazione, dell'attività di ricerca e un aumento delle disuguaglianze distributive. In assenza di una coerente politica europea, il risultato di queste scelte comporta un ridimensionamento dell'economia reale e una crescente polarizzazione fra paesi e regioni. Le proposte avanzate nella seconda parte del libro indicano una serie di misure da intraprendere per superare la crisi e orientare la crescita nella direzione dello sviluppo sostenibile e dell'equità sociale. In particolare, si sottolinea l'esigenza di mettere in atto una nuova generazione di politiche per l'innovazione e per l'industria, tenendo conto della necessità di affrontare il problema di come e cosa produrre, con sguardo attento alle esigenze dell'ambiente e dei cittadini e all'equità distributiva.
Proprio sul tema della distribuzione si concentra la terza parte. Con il neoliberismo si è rotto il patto sociale fra imprese e lavoratori. È necessario rafforzare la protezione sociale, difendere i servizi pubblici e offrire adeguate tutele al lavoro. La difesa dell'occupazione, dei diritti dei lavoratori e dei salari costituisce un elemento centrale non solo per il progresso sociale, ma anche per un'uscita da questa crisi che ha origine, fra l'altro, nell'aumento abnorme delle disuguaglianze.
Un testo di grande interesse, dunque, che evidenzia l'esistenza di un blocco sociale dominante a livello mondiale, costituito dal ceto dirigente delle multinazionali e da professionisti di alto livello sostenuto da un apparato mediatico impressionante, che è in grado di indirizzare i sistemi politici verso obiettivi a esso funzionali in nome delle esigenze imposte dalla globalizzazione, ai cui piani occorre opporsi con tutte le forze.
Lia Fubini
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