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Interessante riflessione sul ruolo della donna nella nostra società; argomentata anche la tematica familiare. Scorrevole.
Recensioni
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recensioni di Schiavon, E. L'Indice del 2000, n. 06
In questo libro Okin mette l'attuale teoria politica anglosassone sulla giustizia sociale alla prova di questioni fondamentali: nella disamina degli svantaggi sociali viene incluso il lavoro non retribuito di cura che, per l'attuale struttura di genere, viene affidato in gran parte alle donne, rendendole più deboli sul mercato del lavoro e vulnerabili in caso di divorzio? Deve esserci giustizia anche all'interno delle famiglie, oppure i nuovi principi di pari opportunità valgono solo per recuperare la distanza fra famiglie? E dunque la teoria contemporanea della giustizia si indirizza ancora implicitamente a capifamiglia maschi adulti, come avveniva in modo dichiarato nella grande maggioranza dei pensatori del passato, o essa è finalmente davvero inclusiva?
Per l'autrice si tratta della continuazione ideale di quella che è considerata la sua opera maggiore: Women in Western Political Thought (1979), con cui ha sottoposto la tradizione filosofica, da Platone a Stuart Mill, alla critica femminista. Anche in questo nuovo libro è chiara l'intenzione di instaurare un dialogo spregiudicato con la tradizione e con le correnti accademiche più influenti. Okin non si esime dal controbattere duramente autorità considerate intoccabili, ma si appropria allo stesso tempo delle categorie concettuali giudicate utili al fine di promuovere una maggiore giustizia fra i sessi. Così sono esaminate in profondità soprattutto le teorie di John Rawls e Michael Walzer, dei quali vengono assunte le tesi della "posizione originaria" (Rawls) e della giustizia in sfere separate (Walzer), insieme con le acquisizioni dei critical legal studies (Roberto Unger). Altri aspetti vengono invece giudicati severamente, come gli assunti sulla natura eminentemente privata e "giusta" della famiglia di Unger e Rawls, nonché (Rawls) sulla considerazione della differenza sessuale come una questione "contingente e moralmente irrilevante" ai fini di una teoria sociale della giustizia. Di Walzer, più sensibile alle questioni di genere, viene invece criticata la possibile deriva integralista del suo concetto di giustizia dipendente dalle "interpretazioni condivise" in una certa comunità. Oltre a questi Okin prende in considerazione altri autori, dichiaratamente elitisti (Michael Sandel, Allan Bloom, Alasdair C. MacIntyre, Robert Nozick), confutandone pazientemente le tesi punto a punto.
Quello della comunicazione e dello scambio fra ricerca e pubblico è anche un altro esplicito impegno di questo libro. L'autrice dichiara nella prefazione di non voler cadere nella "trappola accademica" di molta teoria femminista, quella di produrre testi incomprensibili "anche per la maggioranza delle persone colte". Lucidità e chiarezza non vengono meno nella critica portata alle tesi femministe della differenza dal punto di vista della teoria del genere come pura costruzione storica e sociale. Per una lettrice colta nel campo saranno di estremo interesse le connessioni che emergono fra teoriche della differenza e teorici politici communitarians (come Walzer e MacIntyre), nonché le connessioni fra le analisi di genere e la teoria politica più liberal (Rawls). Questo aspetto colma ampiamente quello che appare come l'unico vero limite di questo libro: quello di rimanere completamente all'interno della produzione americana, per quanto riguarda sia la teoria politica sia il pensiero femminista.
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