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Che dire ? Un racconto che all'inizio promette e poi non mantiene. Anzi, si perde in maniera odiosa e inutile in 'macabri' dettagli pseudo-pornografici che non aggiungono niente al romanzo ma danno un'immagine distorta e irrealistica del modo delle donne di rapportarsi al sesso e al sentimento. Scritto da un uomo che, per volontà sua o meno, urta con il suo maschilismo e la sua volgarità non necessaria. Quasi inneggiando ad un poveretto, a tratti pervertito, che non ha niente né di attraente né di vagamente comprensibile. Peccato ! Altri libri dell'autore sono ben più godibili
Questo libro purtroppo è solo la cronaca sconclusionata, ossessiva e ripetitiva degli amplessi (tra l'altro inutilmente dettagliati, a mio giudizio) di un personaggio fortemente disturbato psicologicamente. Come dice giustamente Larissa, se togliamo tutte le ripetizioni il libro potrebbe stare entro le 100 pagine, noiosette anch'esse. Ho resistito alla tentazione di mollarlo a metà solo per la curiosità di sapere come andava a finire. Beh che dire? Sono stato ampiamente ricompensato perché in questo modo mi sono goduto uno dei finali più insulsi che io ricordi. Per non parlare poi delle ultime pagine "extra". Da dimenticare.
Che dire? A me Marco Vichi piace anche. A tratti è spumeggiante, a tratti profondo e cupo. Ma ha una scrittura veloce, appassionante ed è malinconicamente visionario. Questo libro, però, non è un inno alle donne. Anche se Filippo Landiani dice di amarle tutte, io di amore non parlerei. Piuttosto di cupe ossessioni. E l'amore non è sempre ossessione. Ricorda tanto Ammaniti. Ridondante fino allo sfinimento. Se avesse tolto le parole "sigarette", "calvados" e "sesso" il libro si poteva leggere anche 100 pagine. Peccato perché c'era una storia, dietro. Che è rimasta solo dietro. Porciatti meritava di avere una fine migliore. E Aznavour? Inconcludente. Le ultime pagine, poi, che spreco. Non regalano nulla. Solo la conferma che Landiani non sa amare.
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