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recensione di Monaco, L., L'Indice 1995, n. 7
Come si sa, il compito di un'edizione critica è quello di presentare un testo restituito alla sua veste originale, garantendo la possibilità di controllare e di ricostruire i vari stadi di alterazioni da esso subite. Ma con i libretti d'opera, testi in movimento per eccellenza, la nozione di "originale" si fa problematica: qui il lavoro dell'editore critico consiste soprattutto nel rendere ragione degli stati di trasformazione subiti dal libretto e di permetterne una lettura comparata. Il "Don Giovanni" è un'occasione ghiotta per la nobiltà del soggetto e per la complessità della situazione testuale: sono infatti quattro gli stadi del testo, tre piuttosto noti (il libretto della rappresentazione praghese del 1787, quello della successiva recita viennese, la partitura autografa), più la versione stampata a Vienna nell'estate del 1787, incompleta e mutila delle ultime pagine. L'opera che abitualmente conosciamo, peraltro, risponde a una 'vulgata' che, "sia nella stampa sia nella prassi esecutiva, ha spesso contaminato con spregiudicatezza lezioni presenti nei tre libretti e nella partitura, senza preoccuparsi della loro collocazione originaria". Per contro questa nuova edizione del libretto di Da Ponte permette una visione globale delle varie realtà testuali senza ricorrere a una stampa sinottica, ma facendo seguire a un testo base - quello della prima esecuzione, l'unico puntualmente collazionabile con la partitura autografa - un apparato di varianti rigorosamente curato e di chiara consultazione. Si raggiunge così una più sicura leggibilità del testo dell'edizione praghese, ovviamente emendato da refusi ed errori (tutti scrupolosamente indicati), che quindi presenta qualche diversità rispetto alle edizioni italiane. L'aver messo a confronto in modo filologicamente sicuro i quattro testi permette alla curatrice di ritornare sui rapporti tra librettista e compositore.
A volte le divergenze tra libretti e partitura rivelano sfumature di gusto e di interpretazione tra musicista e librettista, ma anche la capacità del compositore di appropriarsi completamente del testo, sviluppandone ed esaltandone le potenzialità, con piccole variazioni interpuntive o sintattiche, con trasposizioni, inserimenti e interazioni che ricaricano di significati le battute. Dove invece le varianti si distribuiscono tra i vari testimoni, sono riconoscibili le tappe di un processo di aggiustamento per interventi successivi e riscritture, frutto di una continua collaborazione che coinvolge anche aspetti scenici e raggiunge i risultati più alti quando affianca alla qualità della musica la consumata abilità del librettista nel percorrere i variegati registri linguistici ed espressivi nei quali si svolgono le individualità dei personaggi. Al lettore è così lasciata la possibilità di compiere questi e altri percorsi, muovendosi tra testo, apparato e appendici di un'edizione che appare finalmente adeguata alla fisionomia del "Don Giovanni", opera dotata di "singolare potenzialità ermeneutica, tradotta in una storia della ricezione tra le più ricche che la cultura occidentale conosca".
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