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"Domani mi ammazzo" diceva Mario. Poi però, giunto il momento, vedeva un sole meraviglioso in cielo e rinunciava..."Ma si, rimando tutto a Venerdì..". Quel venerdì avrebbe tuttavia incrociato per strada una donna bellissima, e ancora avrebbe dilatato il gesto...Poi arrivava il compleanno e ancora rinunciava, poi un rarissimo umore felice lo avvolgeva e di nuovo mandava via quei pensieri. Un tram lo attrasse quasi fino al sigillo finale, gettarvisi sotto, vinse ancora lui. Ma sempre e solo per poco. Era davvero questo Mario de Sa Carneiro, un gigantone romantico e goffo, sensibilissimo, fragile. Un lirico assoluto. Grande amico di Pessoa e suo corrispondente (chissà quando Sellerio si deciderà a ristampare il loro carteggio: Meu Amigo de alma). Uomo inquieto, foglia e tronco fusi in una corteccia interiore solo foderata di poesia, dai talloni ai capelli: "Sono stella ubriaca che ha perduto i cieli,/ sirena pazza che ha lasciato il mare;/ tempio senza dio, ormai pericolante,/ statua falsa ancora eretta al vento…”. Un ragazzone di 26 anni che alla fine obbedì a quell'istinto giocoso e macabro insieme. Indossò il frak e la finì davvero ingerendo un po' di stricnina. Di lui Pessoa disse:"Genio nell’arte, Sa’-Carneiro non ebbe né l’allegria né felicità in questa vita. Soltanto l’arte, che creò o che provò, potè dargli la consolazione di un momento. Sono così coloro che gli dei elessero loro pari. L’amore li rifiuta, la speranza li ignora, la gloria non li accoglie. Muoiono giovani, o sopravvivono a loro stessi, cittadini dell’incomprensione o dell’indifferenza. Mario morì giovane perché gi dei lo amarono molto. Non nasce nulla di grande che non nasca maledetto; non cresce nulla di nobile che crescendo non appassisca. Se così è, così sia!”. Un poeta che di sé disse: "Io non sono né io né l'Altro,/sono qualcosa di intermedio./Sono un ponte di tedio/ che va da me stesso all'altro". Non smettano mai le sue ali di proteggere il nostro amore per la poesia.
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