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scheda di Cresto-Dina, P., L'Indice 1992, n. 4
Sarebbe forse azzardato ravvisare in questa lucida sintesi i termini di una vera e propria rilettura del percorso teorico adorniano, anche solo per il fatto che l'autore dichiara in apertura l'intenzione di eludere la serie dei problemi connessi all'analisi sociologica, restringendo lo sguardo all'ambito della teoria dell'interpretazione dell'opera musicale. Tuttavia, nel tentativo di sottrarre il giudizio sul modello dialettico al rischio di una ricaduta in schemi interpretativi ormai desueti, Alessandro Arbo si fa testimone della pregnanza teorica di un pensiero in grado di sopravvivere al declino delle mode culturali. Filo conduttore dell'indagine è l'invito a ridimensionare, in sede critica, la portata del noto dualismo di "progresso" e "restaurazione", diffuso anche nel nostro paese a partire dalla fine degli anni cinquanta. Se è vero che proprio a questa dicotomia rimase a lungo vincolata la fama del francofortese, non è meno evidente la necessità di sfuggire al fascino di una semplificazione incapace di rendere giustizia al reale svolgimento del pensiero."Nell'interpretare l'opera di musicisti del presente e del passato - nota l'autore - l'analisi sembra subordinarsi ad un continuo processo di revisione". Evitando di limitare lo sguardo ai problemi relativi alla scuola viennese, il saggio verifica la presenza all'interno della parabola teorica di Adorno di una tradizione non del tutto esautorata dalla dialettica del nuovo.
Si va da Bach fino alle avanguardie del Novecento, attraverso la fondamentale lettura di Beethoven, costante e spesso implicito termine di confronto per la riflessione del filosofo. Penetrante e puntuale l'analisi dei testi, ampi e documentati i rilievi di carattere bibliografico.
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