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Anno edizione: 2001
Anno edizione: 2010
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Uno specchio della crisi che la donna vive davanti all'emancipazione. Un urlo di dolore nell'incapacità - molto spesso - di affrontare la vita e i problemi che essa ci porge. La difficoltà è dietro l'angolo. Le donne, anche quelle sposate, ri rifugiano in questa letteratura femminile, colpevolizzano il compagno della loro frustrazione e sfasciano tutto ciò che trovano davanti, famiglia compresa. Donne che sempre più spesso a 40 suonati cercano ancora l'amore adolscenziale e poi si ritrovano sole. Un libro pericoloso per loro e le loro famiglie.
Libro intelligente anche se non molto discorsivo che offre spunti abbastanza interessanti; sottolineo però 2 punti che considero faziosi,poco obiettivi: 1)"le donne non hanno un modo di ragionare lineare come gli uomini" ma la colpa non è loro, è degli uomini che non sanno capirle appunto perchè contorte! 2)nel dialogo,immaginario,fra un uomo che lascia ed una donna lasciata si sottolinea la "cattiveria" di lui e la "dolcezza" di lei.L'autrice mette a confronto due situazioni diverse....sarebbe stato logico invece confrontare un uomo e una nella medesima situazione.
Iaia Caputo: GRAZIE! La pioggia di parole che sono contenute nel suo libro accarezzano il cuore, stimolano la mente, fanno rabbrividire la vita (per la profonda solennita'). Uno dei libri piu' belli degli ultimi dieci anni; appaga l'intelligenza emotiva, tutta femminile. I piu' sentiti complimenti dall'Australia ALMA
Recensioni
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Alcune donne s'incontrano dopo un certo periodo di lontananza. Parlano di una comune amica, si dice di lei che è molto innamorata. Si tratta di una donna sposata da vent'anni. Di chi sarà innamorata, si chiede una di loro? Ma del marito, rispondono le altre. Dopo una crisi con lui, la loro amica è riuscita a inventarsi di nuovo l'amore. Sì, perché - dice una delle amiche - le donne, l'amore lo inventano.
È questo lo spunto iniziale del nuovo libro di Iaia Caputo, un libro intrigante e seducente, dove si mescolano i generi, e la vena saggistica si nutre di eleganza narrativa.
Il tema è dichiarato sin dal titolo carveriano: di che cosa parlano le donne quando parlano d'amore? Caputo risponde al quesito con alcuni esempi tratti sia dalla storia (Sonia Tolstoj, Adele H.), sia dalla mitologia (Penelope), sia dalla sua vita quotidiana. E sembra dire che le donne, più che parlare di uomini, parlano proprio dell'amore in sé. Che le donne sono coloro le quali inventano di continuo l'amore. Questo capacità inventiva delle donne, a parere dell'autrice, darebbe al loro linguaggio una connotazione metaforica sempre in atto. Raccontando le loro storie d'amore, le donne tendono ad andare al di là. È l'amore in sé che le attira e che scioglie le loro lingue. Gli uomini, invece, sarebbero più letterali e forse più semplici e diretti.
Ma Caputo non vuole affermare alcuna superiorità di genere. Semmai sente essere arrivato il tempo "di fermarsi ognuno davanti all'ignota lingua dell'altro, rispettandone il mistero e la differenza di radici, per cominciare a parlare senza più pretendere che la propria lingua sia ufficiale".
Si capisce che questo libro è stato pensato e scritto all'indomani del femminismo. Lo si capisce dai riferimenti culturali e dal tono stesso della scrittura, che non è per nulla rivendicativo; è anzi, direi, un tono di tranquilla consapevolezza di sé. Come già Nadia Fusini, Caputo aspira a una "fratellanza inquieta" tra i sessi. Ma, aggiunge, "quello che sento, cocciutamente, visceralmente, è che non voglio perdere la ricchezza del mio sesso, non voglio somigliare a un uomo".
Anzi, vuol "restare obliqua, spiazzata, confinante, incerta". E se delle ricchezze non le importa, "mi è indispensabile essere circondata dalla spettacolo della bellezza, per vivere". Ma non bisogna pensare a una bellezza astratta, bensì a gesti quotidiani, come "comprare nuove piante in primavera per il mio giardino", o cucinare dei cibi buoni per i propri familiari. Sono parole che, da uomo, posso sottoscrivere pienamente. Anzi, aspetto un libro analogo scritto da un uomo, perché l'amore è diventato per tutti un'energia sociale che riabilita il ruolo degli individui al di la dei sessi, o meglio nella relazione piena tra i sessi. L'amore, non come vuoto sentimentalismo ma come forma di conoscenza, è probabilmente la vera alternativa alla politica. È la dimensione in cui l'altro ha una sua vera presenza. Io è un altro, diceva Rimbaud. Chi è capace d'innamorarsi, capisce il senso di quest'affermazione un po' sibillina, con tutta la forza del suo istinto.
Dopo Mai devi dire, il saggio-inchiesta sull'incesto pubblicato nel 1995 sempre per il Corbaccio, questo nuovo libro di Iaia Caputo segna una tappa di avvicinamento verso una scrittura più liberamente narrativa. Non è un caso che Di cosa parlano le donne quando parlano d'amore sia idealmente dedicato a due scrittrici: Clara Sereni e Natalia Ginzburg. È come se Caputo si stesse facendo accompagnare nella zona in cui si racconta tout court, a prescindere dall'argomento scelto. E che lo faccia per tappe, gradualmente, è un segno che lascia ben sperare sul futuro di questa autrice.
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