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La verità dietro la notte che cambiò l'America
A Detroit nella seconda metà degli Anni Sessanta si sono sviluppate numerose rivolte contro il razzismo dilagante
«Avvincente» – Screen International
«Intenso e fisicamente potente» – The Hollywood Reporter
«Sconvolgente» – Vanity Fair
«Un film da cardiopalma» – Variety
La pellicola narra gli scontri avvenuti nella città di Detroit dal 23 al 27 luglio 1967, scatenati dall’intervento della polizia in un bar privo di licenza. Alla fine il risultato fu di 43 morti, 1.189 feriti, più di 7.200 arresti e oltre 2.000 edifici distrutti.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Film drammatico, ben diretto dalla Bigelow, forse un po' troppo lento nella parte centrale. Nel complesso merita comunque un'attenta visione.
Vedere Detroit è come ripetere il medesimo copione in circostanze differenti. E' innegabile che c'è il riflesso dei disordini di Watts, il pestaggio di Rodney King, le recrudescenze razziali ancora attuali negli Stati Uniti. E' un copione che si ripete perchè il problema esiste ed è tuttora irrisolto. Ciò che la Bigelow ci fa provare è la sua visceralità. Quelle riprese con la camera a mano che ti introducono dentro l'inferno di Detroit e tutta la parte centrale in cui sadismo, dolore e disperazione li senti dentro la pelle, perchè sono tanti pugni nello stomaco che non lasciano scampo. Un percorso emotivo angosciante e doloroso che lascia veramente il segno.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
"Detroit" è un capolavoro violento e smaschera il razzismo americano
Il film scritto dall’accoppiata Kathryn Bigelow e Mark Boal racconta il dolore delle comunità nere con il piglio di un thriller e l’urgenza di un documentario
Non credo che le review stellari e il profumo di Oscar siano sufficienti a esprimere la grandezza di quello che la regista Bigelow e lo sceneggiatore Mark Boal hanno ottenuto con Detroit. È un violento capolavoro che scava nel passato americano per far emergere il razzismo sistemico che ancora infetta il nostro tempo.
Il film inizia nell’estate del 1967, con le strade della “Motor City” che vibrano di tensione per l’intolleranza, la disoccupazione e le diseguaglianze sociali. Il 23 giugno la polizia fa irruzione nel bar senza licenza di un quartiere a maggioranza nera, umiliando e provocando i presenti. Nella rivolta che segue, vengono distrutte vetrine, saccheggiati negozi e lanciate bombe incendiarie. L’area si trasforma in un teatro di guerra, con l’arrivo della Guardia Nazionale a completare il quadro.
Bigelow concentra la sua attenzione sull’Algiers Motel, dove un banale incidente si trasforma in un assedio da parte della polizia. Quella notte di terrore perdono la vita tre afroamericani, e altri nove (comprese due donne bianche) vengono picchiati brutalmente. Nel processo che segue – com’è facile immaginare – gli autori delle violenze saranno assolti. Detroit ha il piglio adrenalinico di un thriller, e la dolorosa urgenza di un documentario. È difficile da guardare, ma impossibile da ignorare.
Recensione di Peter Travers
Bigelow come sempre si muove in piena autonomia espressiva con una regia muscolare
Trama
Nel 1967, in piena epoca di battaglie per i diritti civili da parte degli afroamericani (Martin Luther King sarebbe stato ucciso nel '68 sul balcone del Lorraine Motel di Memphis), nel ghetto nero di Detroit ebbe luogo una rivolta scatenata da una retata della polizia in un bar dove si vendevano alcolici senza permesso. Il governatore del Michigan inviò la Guardia Nazionale a sedare la rivolta, e il presidente Lyndon Johnson gli fece dare man forte dall'esercito. L'episodio paradigmatico di quel tumulto fu il sequestro di un gruppetto di giovani uomini neri e di due ragazze bianche all'interno del Motel Algiers: un episodio di brutalità da parte della polizia (con il fiancheggiamento di alcuni militari) che è una ferita nella coscienza dell'America.
Negli Stati Uniti il massacro del Motel Algiers è molto noto, lo è invece molto meno nel resto del mondo. E la scelta di Kathryn Bigelow di concentrare la propria attenzione su quell'evento accaduto cinquant'anni fa è parte della generale riflessione che il cinema americano sta facendo sulla "questione afroamericana".
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