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Puntavo le avventure del Detective Hanshichi ormai da diverso tempo. Originariamente divise in due volumi, sono state di recente pubblicate in un'unica raccolta. Okamoto Kidō, esperto conoscitore della lingua e della cultura inglese, decide di scrivere queste detective stories dopo essere rimasto folgorato dalla figura di Sherlock Holmes. Eppure, se è vero che ci sono delle affinità (anche in questo caso le avventure sono narrate da un amico più giovane), non ho potuto fare a meno di notare che le differenze sono molte di più. Paradossalmente la figura di Sherlock Holmes, uomo di un intelletto lucidissimo, di capacità deduttive fuori dal comune, esperto conoscitore della scienza e dei suoi meccanismi, è molto più simile alla figura del detective Kindaichi delineata da Yokomizo Seishi, le cui avventure sono pubblicate in Italia da Sellerio. Ma per quanto mi riguarda questo non è un punto a sfavore, anzi. Ho adorato il detective Hanshichi proprio perché, pur essendo un uomo di grande intuito e intelligenza, è perfettamente incastonato nella realtà a cui appartiene. Attraverso le sue avventure e le sue relazioni conosciamo la vita nell’antica Edo di metà ‘800: samurai indegni, acrobati assassini, cortigiane innamorate, prostitute chiacchierone, figli devoti, pescivendole senza scrupoli, madri possedute, inservienti pettegoli. Il detective riesce a risolvere anche i casi più difficili non solo grazie alle sue capacità investigative, ma anche in virtù della propria conoscenza del mondo. Altro elemento che ho apprezzato è quello del soprannaturale. Spiriti e yokai sono onnipresenti nel quotidiano, ma a differenza di Sherlock Holmes -uomo emblema del positivismo- Hanshichi a volte si arresta davanti all’inspiegabile. Bellissime, poi, le descrizioni dell’antica Edo, e anche l’irrequietezza che traspare a causa della difficile e imprevista transizione verso la modernità dell’era Meiji.
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