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Anno edizione: 2019
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Rileggere Arthur Rimbaud, e interpretarlo attraverso un’ottica non puramente ermeneutica ma di invenzione narrativa, secondo la scansione alfabetica tipica dell’abecedario. Lo fa Philippe Forest, che da oltre un ventennio esplora la relazione esistente tra il genere romanzesco e la realtà, contaminando analisi testuale, invenzione e autobiografia. Forest indaga gioie e dolori, conquiste e fallimenti esistenziali propri e altrui, usando come fonte ispiratrice versi e aforismi rimbaudiani, tra i più noti e citati. “Ogni volta che sento di perdere fiducia nelle parole, apro volentieri Rimbaud, come se consultassi un oracolo, e mi fermo su frasi di cui non capisco niente e che, di colpo, prendono l’aspetto di una profezia alla quale io resto libero di dare il valore che preferisco. Sono certo che dice la verità. Sono certo anche che la verità che dice dipende unicamente dal senso che le do io”. È proprio sul mistero dell’espressione umana che Philippe Forest pone l’accento in queste sue divagazioni, letterarie e filosofiche, affrontando argomenti diversi con grande curiosità intellettuale: “La curiosità: il desiderio di sapere che cosa c’era prima, che cosa ci sarà poi. Come se la vita fosse un libro aperto nel bel mezzo di una storia già iniziata e destinata a continuare, di cui si ignora praticamente tutto, e non si capisce quasi niente. Perché del libro della vita, non si ha mai sotto gli occhi altro che la pagina del presente”. L’autore alterna note autobiografiche (lo straziante ricordo della sua bambina morta di cancro a tre anni, la lunga permanenza in Giappone per arricchire il proprio pensiero di nuovi orizzonti, il rapporto con il sesso e il mondo femminile, l’interesse per la fisica quantistica) con la ricerca di nuove modalità narrative, in grado di utilizzare fonti di scrittura esterne, citazioni, memorie, elementi diaristici, in uno stile che si mantiene costantemente lieve ed elegante.
La felicità è a portata di mano. Un libro che affronta temi profondi con una certa leggerezza.
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