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La sperimentazione a tutto campo del discorso critico di Barbara Lanati sulla letteratura anglo-americana accentua i tratti mitopoietici di un'America vissuta ma soprattutto sognata che emerge, in queste pagine, come potente terreno di proiezione che, dall'arrivo dei padri pellegrini e poi di milioni di emigrati, investe anche la visione europea di chi, come Vittorini, "coerentemente non visitò mai l'America", ma che, per riprendere i due termini del titolo, ne sfruttò appieno il miraggio e il desiderio prodotti nella lontananza. Del continente americano, Lanati rinverdisce i caratteri di terra barbara e feroce, di vergine bellezza colta attraverso lo sguardo disincantato dell'espatriata Gertrude Stein, la quale ne celebrò gli spazi vuoti e "anonimi" e l'"assenza di cielo come eccesso di luce", con uno straniamento non diverso da quello di Duchamp, il quale individuava nelle mirabolanti tubature delle case d'America gli oggetti più artistici di questo paese, dichiarando anche quando andò a risiedervi: "Non vado in America, sto lasciando l'Europa".
Nell'assecondare la qualità splenetica e modernista della sua prospettiva sull'America letteraria, la scrittura di Lanati pare assorbire l'intensità liquorosa di certe visioni sublimi di Edgar Allan Poe, accostando elementi tra loro incompatibili: i lumi e il terrore, il dolore e il desiderio e, infine, l'ambivalenza di genere che si legge sul corpo androgino di Giovanna d'Arco, la prima vergine guerriera della storia, tenace e modernissima nei suoi travestimenti maschili. Anche la prima, vera eroina borghese, Mary, alias Molly, alias Moll Flanders, trova spazio in questa raffinata vetrina di figure esemplari, come "donna che sa ricominciare sempre daccapo", spedita in America come altre donne di malaffare, e condannata a "scivolare da un'identità all'altra", "prigioniera di un corpo che non le appartiene più perché ormai ha un prezzo".
Proprio il trionfo del corpo e della prosa che sono alle origini del romanzo e delle prime protagoniste femminili entrate nel mondo letterario vestendo panni maschili traghetta l'America di Lanati sulla sponda queer di una nuova "wilderness", in un saggio che si chiude nel segno di una diversità non sostenuta dalla retorica omiletica della marginalità che troppo spesso contrassegna la critica di genere, a dimostrazione di quanto sia una differenza più squisitamente letteraria ed elettiva a rimescolare le carte del canone, gettando una luce inedita su scenari apparentemente già noti, come pure avviene in un altro raffinato prodotto dell'americanistica italiana: l'impeccabile ritratto che Mario Corona ha reso di Francis Otto Matthiessen (Un Rinascimento impossibile, ombre corte, 2007).
Daniela Daniele
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