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Non è il dovere di un buon cristiano quello di estirpare i "culti satanici" e, in particolare, i sacrifici umani? è giusto intraprendere una guerra contro coloro che non accettano il dominio di una civiltà superiore? Non è forse legittimo l'uso della forza nei confronti di quei popoli che si oppongono alla diffusione del Vangelo? Questi ed altri quesiti furono al centro di grandi discussioni che infiammarono la Spagna tra la prima e la seconda metà del XVI secolo, la più importante delle quali è ricordata come la Controversia di Valladolid (1550-1551). Da una parte vi era Bartolomeo De Las Casas, tra i più famosi difensori dei diritti degli Indios, dall'altra Juan Ginés de Sepúlveda, convinto che ai popoli inferiori, in quanto barbari, andava imposto il "giusto" modello di civiltà e di fede, cioè quello della cattolicissima Spagna. Lo scritto del Sepulveda, il Democrate secondo o della giusta causa della guerra contro gli indios, ha la struttura di un dialogo socratico tra il tedesco Leopoldo, contagiato in parte dagli "errori luterani" - così come dice lo stesso autore - e Democrate, per bocca del quale sono espresse le opinioni di Sepúlveda. Leopoldo è persuaso che non esistono o sono rarissime le cause che giustificano la guerra, mentre Democrate pensa che esse siano numerose e frequenti, e "risiedono nei crimini e nelle nefande passioni che in continuazione riempiono e agitano la vita umana". Opera fondamentale per comprendere le dinamiche coloniali e imperialiste dell'Europa moderna, il Democrate secondo non è solo lo spaccato di un'epoca storica determinata, ma è soprattutto un documento paradigmatico dei dilemmi e dei paradossi della moderna razionalità occidentale quando con la scoperta del Nuovo Mondo l'Europa si confronta con le sfide dell'alterità e della differenza.
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