Pubblicato a puntate dal febbraio del 1914 e uscito in volume nel dicembre del 1916, Dedalus. Un ritratto dell’artista da giovane è, insieme all’Ulisse che lo seguirà a distanza di qualche anno, un vero e proprio ritratto dell’autore irlandese. Come scrive Enrico Terrinoni nella prefazione, il protagonista, Stephen Dedalus, è infatti il «principale avatar letterario di Joyce». Lo scrittore aveva già usato questo nome per firmare i suoi racconti, ma «l’appellativo dal sapore mitologico non era per lui solo un nom de plume, era la sua stessa identità». Proprio come il celebre architetto di Cnosso, Joyce/Dedalus tenta di fuggire da un labirinto rappresentato per lui dalla famiglia, dall’infanzia, dalla sua patria – l’Irlanda –, dalla religione e dalla Chiesa: un labirinto che imprigiona il suo animo di artista, che in questo romanzo di formazione si risveglia in tutta la sua sensibilità e irruenza. Merita però qualche parola anche l’autore della traduzione che qui riproponiamo: Cesare Pavese, legato allo scrittore irlandese – come scrive sempre Terrinoni – da una «strana sincronicità» e da «un beffardo attraversarsi di destini». Una traduzione, quella del Dedalus, che contribuì alla sua maturazione letteraria, tanto da poter essere considerata «una parte integrante del canone di Pavese stesso». Prefazione di Enrico Terrinoni.)
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