A cura di Francesco De Nicola viene pubblicato il libro d’esordio di Marcello Venturi, "Dalla Sirte a casa mia", i cui due lunghi racconti rappresentano l’atto conclusivo e più alto della sua stagione neorealista, che si era espressa in decine di racconti pubblicati sulle terze pagine dei giornali. Su questi il giudizio di Italo Calvino scritto nel 1947 rimane tuttora uno dei più pertinenti per dichiararne le grandi qualità narrative: "Venturi è il vero scrittore partigiano, eroico e corale insieme, emotivo eppure scarno, senza pudore della propria commossa tragicità. È il narratore che racconta, spesso con popolaresca ingenuità, le emozioni collettive". E doti di “ingenuità e lirismo” arricchite ancora anni dopo “dalla freschezza entusiasta del ‘45” riconoscerà in lui Elio Vittorini, che lo aveva scoperto ventenne e fatto esordire sulle pagine del suo prestigioso “Politecnico”.)
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