Da qualche parte in Grecia. Volevo essere Dostoevskij

Il senso di un'azione, per gli uomini, risiede in qualcosa di esterno all'azione stessa. Se intraprendo un viaggio è per arrivare da qualche parte. Il senso della vita, analogamente, deve risiedere in qualcosa di esterno alla vita stessa, qualcosa che la trascenda. Da sempre gli uomini hanno tentato di identificare questo senso, in mancanza di meglio, inventandoselo. Il libro è la storia di un uomo che, a modo suo, è alla ricerca di un senso e permette due letture. Nella più superficiale è un eroe negativo che insegue falsi miti e falsi valori e ne paga le conseguenze. Nella più profonda é un uomo di eccezionale sentire, al quale non bastano le risposte che da la società e che gli altri si fanno bastare, ma continua fino in fondo la sua ricerca di un senso, di un segno, di una trascendenza nella vita comune e banale, sia pure nella sua personalissima maniera. Sfortunatamente il meraviglioso, il significante, il numinoso, il trascendente, non si presentano mai nella vita reale e quando lo fanno sono sempre una truffa, un inganno, spesso un autoinganno. Tranne in un caso: la morte.

Ho amato molto questo libro, l’autore mostra di conoscere bene il “guazzabuglio del cuore umano” e lo descrive con ironia, anzi, con autoironia, mi sono immedesimata in david, il protagonista, nei suoi pensieri, nel suo modo di osservare gli altri e sé stesso, mi ha colpito particolarmente la descrizione dei colleghi di Lavoro . Mi sono detta “ecco io sono david al lavoro” david che guarda tutti affannarsi ma che non riesce proprio a farsi coinvolgere in questa nevrosi collettiva che porta a correre ed agitarsi, a fingere , a fare di tutto per ingraziarsi i potenti …no lui se ne sta lì e li guarda Mi piacerebbe leggere altri libri di questo autore così intelligente ed ironico.

Sono rimasto molto colpito dalla capacità di Vannini di descrivere una tipologia di persone con cui anch’io ho a che fare. I protagonisti del libro sono, infatti, non solo fiorentini o senesi ma non mancano la figura del bancario e, ovviamente, quella dell’avvocato. Per giunta sono tutti quarantenni come me! Tutto ciò m’ha subito dato l’impressione di leggere una storia “vissuta”. In realtà, anche un qualunque lettore, che conosca meno tali ambienti, avrebbe la stessa sensazione, perché Vannini scrive bene ed è assai abile a raffigurare i personaggi, a farli muovere ed interagire. Qualcuno ha detto che per scrivere bene occorre scrivere di cose che si conoscono. Questa è una regola che molti autori disattendono. Vannini no: lui la segue e la forza del suo narrare sembra essere anche nell’aver saputo rispettare questa regola basilare. La storia mi ricorda quella di alcuni grandi film corali, come “Il grande freddo”, “Compagni di scuola” e, anche per le ambientazioni, “Mediterraneo”. Racconta, infatti, di un gruppo d’amici che si ritrova dopo molti anni. L’argomento è, però, affrontato in modo nuovo ed originale. E' giocato di più sulla preparazione di questo incontro che sul medesimo. Inoltre, trovo importante il modo di raffrontarsi di questi personaggi con lo scorrere del tempo. Lo scorrere degli anni li ha cambiati. Alcuni sono uomini di successo, altri meno. In ogni caso sono tutti diversi da come erano ai tempi della loro amicizia. Eppure il ritornare assieme li fa tornare indietro, li fa tornare “titolari” dei propri soprannomi di gioventù. A Creta, in cui si svolge parte della storia, il tempo per loro non si è fermato, è addirittura andato a ritroso! Ci si chiede cosa mai possano avere a che fare una simile banda di “compagnoni”, con i VIP della finanza. Su questo mistero è costruito il racconto. La conclusione del romanzo, sorprende. Un libro che ci offre dei bei personaggi e con una trama generale ed un mistero che danno unitarietà al romanzo e accompagnano piacevolemente il lettore. Da leggere.