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Anno edizione: 2019
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Ambientato in una Palermo difficile, un racconto che fonde la dimensione individuale con quella sociale per una storia emblematica sulla volontà di riscatto.
A Brancaccio, periferia degradata, l’unico modo per difendersi dalla ferocia del quartiere è la famiglia. Ma le famiglie, si sa, sono infelici per definizione e così quella di Rosario. Il padre ha un’altra donna, un altro figlio, e ora è in carcere per spaccio di sostanze dopanti. La madre Maria, invece, scoperta la doppia vita del marito, si ammala di anoressia. Su questo equilibrio precario piomba la scure dei servizi sociali: Maria finisce in una clinica per disturbi alimentari, Rosario in una casa-famiglia. Ispirato dalle sue letture clandestine, il ragazzo diventa così una sorta di Oliver Twist, in lotta contro una legge folle che, nel nome dei diritti dei minori, recide i legami e separa le persone dagli affetti più cari. Nella sua guerra al malaffare che gira intorno ai servizi sociali e nel tentativo di ricongiungersi alla madre, il protagonista però nulla potrà contro le estreme conseguenze di una sentenza definitiva. Fortuna che c’è Anna, ragazza di poche parole, misteriosa e magnetica, a donare a Rosario la luce di una rivelazione: esiste un solo veleno contro la morte ed è l’amore.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Un romanzo di formazione moderno, che apre una finestra sul disagio di chi nasce in una famiglia e in un quartiere segnati da criminalità, povertà, violenza e soprattutto arte di arrangiarsi. Proprio quello che fa il protagonista di questa storia: cerca di arrangiarsi per superare le difficoltà quotidiane, mentre gli adulti intorno a lui, quasi sempre inadeguati, si arrendono, scompaiono, giudicano, e se intervengono, non fanno altro che peggiorare la situazione. Ho trovato alcune situazioni e alcuni personaggi stereotipati, con una sensazione di già visto o letto da qualche altra parte (come le famiglie affidatarie o il professore illuminato): peccato perché hanno tolto originalità e autenticità alla storia.
Rosario Altieri vive a Brancaccio, periferia di Palermo, dove diventi grande quando diventi cattivo. Però, di fronte a questa desolazione, c’è il mare. Ha sedici anni ma già tanto coraggio perché, come gli aveva detto Anna, l’amore della sua vita, per avere coraggio prima devi avere paura. E di paura ne hai tanta, se a sedici anni per tuo padre non esisti più e l’unica cosa che sa dirti quando vai a trovarlo in carcere è “che c’è?”. La madre perde le forze e si ammala. Data la situazione, Rosario viene affidato a diverse case-famiglia e separato da sua madre Maria, Maria come i mari di tutta la Terra più una vocale. Purtroppo però in questi posti, e ovunque, a volte gli adulti agiscono nel nome di una deontologia che fa ridere i polli. Rosario resiste e non smette mai di combattere. Non smette mai di combattere perché Rosario, come la madre, è un cuorebomba. “Un CUOREBOMBA è un debole gentile, è un fragile forte, è uno che al posto del cuore c’ha una bomba. Avere il cuore come una bomba significa vivere le emozioni in maniera esplosiva, quindi in maniera letale perché le amozioni, quando vanno a mille all’ora, t’ammazzono. Sono pericolosissime, le emozioni di un cuorebomba: sanno farti volare, se positive, ma ti mangiano l’anima, se negative. Chi c’ha il cuore come una bomba si muove continuamente tra due poli: quello della felicità semplice e genuina, e quello dello sconforto più cupo e deprimente; per questo motivo, un cuorebomba è indifeso, proprio perché è alla mercé dei sensi. Sa capire il dolore, un cuorebomba, sa soffrire con gli altri, sa mettersi da parte, riceve tutto in maniera amplificata da un’anima sensitiva.” Rosario ha lottato e perso tanto, ma ad un certo punto capisce che la guerra è finita e che avevano vinto i buoni: i semi sotto la terra avevano bucato pure le macerie.
Rosario, il protagonista del romanzo, è un adolescente che vive la complessità della sua età in un contesto socio-culturale alquanto difficile: il quartiere Brancaccio di Palermo. A rendere ancora più complessa la sua crescita è anche la condizione della sua famiglia: il padre detenuto per spaccio di sostanze di stupefacenti, è considerato da Rosario quasi un estraneo alla famiglia. La madre è una donna fragile, che a seguito della scoperta del tradimento del marito e della sua successiva detenzione entra nella voragine dell'anoressia. Rosario cerca in tutti i modi di aiutare la madre, cercando di ricoprire con fatica i ruoli di figlio e capofamiglia. Questo equilibrio precario viene aggravato dall'intervento dei Servizi Sociali. Rosario si ritrova a dover crescere in fretta, a dover imparare che nella vita vi sono due tipologie di persone: i cuorisecchi e cuoribomba. Un romanzo che si legge tutto d'un fiato, ricco di emozioni e spunti di riflessione.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
A sancire il vincolo tra Dario Levantino e la sottoscritta c’è stato Di niente e di nessuno, romanzo di esordio dello scrittore siciliano.
In questo primo libro, che ho consigliato e continuo a consigliare moltissimo, Levantino mi ha fatto tribolare, e non poco, per le sorti di Rosario, la sua giovane creatura letteraria, al quale mi sono affezionata come ad uno di famiglia. Logico, dunque, che non mancassi il nuovo appuntamento con il ragazzo di Brancaccio quando si è riaffacciato in libreria.
Cuorebomba, edito ancora una volta da Fazi, è il romanzo delle conferme. In primis ribadisce il talento dell’autore, che si estrinseca nella capacità di maneggiare con sensibilità, equilibrio e tanto buon senso, il materiale altamente pericoloso di un’adolescenza diventata fortemente a rischio, esasperata, nelle sue peculiari problematiche, da un contesto socio-economico particolarmente deprivato e da una realtà familiare che, rispetto al libro precedente, qui si fa inesorabilmente tragica. Riafferma, più in generale, la necessità di buoni romanzi di formazione, che forniscano ai giovani lettori una superficie di rispecchiamento, una lente di ingrandimento attraverso la quale vedere le proprie fragilità, uno strumento per dissotterrare e disinnescare le insidie che si frappongono al raggiungimento dei loro obiettivi di crescita.
Ottima, va detto, l’intuizione di voler affrancare Cuorebomba da Di niente e di nessuno. Levantino ha, infatti, reso autonomi i due romanzi. Grazie ad uno “spiegone” introduttivo, senza cadere nell’eccessiva semplificazione, anzi, recuperando integralmente l’atmosfera di amara desolazione in cui avevamo lasciato il protagonista, l’autore sintetizza efficacemente la storia pregressa, svincolando il lettore da obblighi di priorità.
Perfetta anche l’evoluzione della trama, cui sta dietro egregiamente il cambio di passo del ritmo narrativo che, più cupo e drammatico, rimane, per fortuna, nuovamente affidato a quella lingua tascìa (neologismo palermitano traducibile con tamarro) della quale Levantino si era servito efficacemente già nella precedente narrazione. Rosario, con ostinazione e orgoglio, continua anche qui a fregiarsene, come di un blasone che gli compete da abitante di Brancaccio, quartiere/casato a cui rivendica d’appartenere.
Del funambolico liceale che a denti stretti cerca un’emancipazione dalle angustie dell’ambiente di origine, del suo idealismo infantile, sopravvive ben poco nel randagio di questi anni di mezzo. L’ultimo tratto di vita preludio all’età adulta è una discesa all’inferno. Il padre in galera, la madre isolata in un’anoressia che è esternazione del buco nero in cui la sua esistenza si è trasformata dopo l’abbandono del marito, il ragazzo finisce nelle grinfie di affidatari disamorati e privi di scrupoli.
Delle figure adulte – assistenti sociali, gestori di case famiglia, insegnanti – che, come meteore, invadono la sua orbita per dominarlo crudelmente, nessuno si prende realmente cura di lui. Unici riferimenti, un prete e un supplente di filosofia. Solo conforto: i libri di mitologia e i classici della letteratura che divora in cerca di sostegno e ispirazione. Residua speranza: le braccia della sua ragazza, nelle quali si rifugia. Levantino ha trasformato Rosario in un “cuorebomba”, in un «debole gentile, in un fragile forte, in uno che al posto del cuore ha un bomba. (…) Chi ha il cuore come una bomba si muove continuamente tra i due poli: quello della felicità semplice e genuina, e quello dello sconforto più cupo e deprimente; per questo motivo, un cuore bomba è indifeso, proprio perché è alla mercé dei sensi. Sa capire il dolore, un cuore bomba, sa soffrire con gli altri, sa mettersi da parte, riceve tutto in maniera amplificata da un’anima sensitiva».
Prima di scrivere di un romanzo ne scorro daccapo le pagine, sbircio gli appunti, ripercorro i passaggi sottolineati. Prassi che mi serve, naturalmente, a organizzare le idee. In quel breve lasso di tempo, quando escono di scena i personaggi e il sipario cala sulla trama, mentre brancolo tra gli ultimi riverberi della voce narrante, ripenso alle parole di Maya Angelou: “Ho imparato che le persone possono dimenticare ciò che hai detto, ciò che hai fatto, ma non dimenticheranno mai come le hai fatti sentire.” Quello che, secondo la splendida sintesi della poetessa americana, vale nella vita reale per i rapporti tra individui, conta anche in letteratura per quelli tra scrittore e lettore: il legame tra i due si gioca tutto su come il primo fa sentire il secondo.
Il ruolo dello scrittore è fornire all’immaginazione suggerimenti per capire le persone reali ed entrarci in intimità, innescando circuiti virtuosi. Dario Levantino ci fa sentire offesi, disperati, infuriati come lo è Rosario e tanti altri nelle sue condizioni. A noi lettori il compito di mettere a frutto “la nozione di vita” appresa, onorando, a nostra volta il monito di Maya Angelou: porre attenzione a come facciamo sentire il nostro prossimo.
Recensione di Antonietta Molvetti
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