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Il critico Flaminio Gualdoni ha dedicato una monografia -molto curata iconograficamente e decisamente abbordabile nel prezzo- al fenomeno artistico del cubismo, a partire dai suoi albori (1907, la retrospettiva parigina di Cézanne e la realizzazione del capolavoro picassiano "Les Demoiselles d' Avignon"), per proseguire con i suoi epigoni e con gli artisti che ad esso si ispirarono negli anni successivi (il futurismo italiano, Le Corbusier, Morandi, Léger), citando anche Chagall, Marc, Mondrian: fino all'approdo finale in "Guernica" del 1937. Ovviamente molto spazio e attenzione sono riservati a Picasso e Braque, che "rinunciano alle suggestioni del colore in favore di una costruzione geometrica rigorosa della forma, che non deve piacere, ma essere compresa razionalmente". Ma con ancora maggiore riflessione Gualdoni si sofferma sulle dichiarazioni d'intenti dei pittori cubisti, sulle implicazioni filosofiche delle loro opere, sulle interpretazioni critiche dei contemporanei. Così infatti scriveva Braque: "Non sarei in grado di rappresentare una donna in tutta la sua bellezza...Non ne sono capace. Nessuno lo è. Devo quindi creare un nuovo genere di bellezza, la bellezza che mi appare in termini di volume, di linea, di massa, di peso e attraverso questa bellezza, interpreto la mia impressione soggettiva". Gli faceva eco Apollinaire, probabile ideatore del termine "cubismo", sottolineando come la nuova pittura sapesse prescindere dalla rigidità della geometria euclidea, e approdare a una nuova dimensione: "La quarta dimensione si presenta allo spirito, dal punto di vista plastico, come generata dalle tre misure conosciute: essa rappresenta l'immensità dello spazio che, in un momento determinato, si slancia verso l'infinito in tutte le direzioni". Ecco allora che la realtà viene rielaborata dall'esperienza intellettuale ed emotiva dai pittori cubisti, in una nuova visione, -frammentata e spirituale- dello spazio, che aprirà nuove vie esplorative all'arte moderna.
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