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Un libro denso, asciutto, e scritto con quel suo stile tutto particolare che alterna oggettive crudezze e soggettivo lirismo, e che costituisce un inquietante e tragico atto di accusa alla attuale società del benessere che tutto ha sacrificato al consumismo più bieco ed ingiusto. Solo il recupero di certi valori semplici e dimenticati di un tempo meno avanzato consente alla autrice uno sguardo meno depresso e intimamente foriero di immagini ancora piacevoli. Il degrado giovanile dei gruppetti di ragazzi privi di sbocchi contrasta in modo violento con la curiosità ancora viva della detenuta disposta a concedersi solo un atto dello spettacolo di PIna Bausch prima di rientrare nella sua cella, ed il gusto ancora vivo per il mare e per la forza della natura forma una dura contrapposizione all'orrore del nulla urbano privo di confine all'incontrollato cemento. Di fronte a questo libro che fortunatamente la casa editrice DeriveApprodi non manca di divulgare, e meno male che c'è, so già che in tanti potranno obiettare sul "pulpito", ma la insuperabile forza del dato snocciolato con assoluta obiettività non consentirà a nessuno la negazione della verità della "predica" di chi, dopo anni e anni e diverse esperienze ha pagato senza rompere i coglioni a nessuno e a differenza di molti interamente il proprio debito con lo Stato, e oggi ha ancora voglia di denunciare quello che non va, con la coerenza assoluta di chi, ancora come scriveva Guccini ammette e rivendica che: "spiacere è il mio piacere, io amo essere odiato" togliendosi anche il sassolino sacrosanto di dire pubblicamente che la recente appropriazione di De Andrè da parte del facile conformismo è solo un ulteriore sfregio alla grandezza di quell'autore ed al suo importante pensiero. Un libro che consiglio vivamente per chi ritiene che la nostra vita non debba ridursi ad una pantomima priva di sguardi anche sul peggio oppure a chi solo ritiene che Pasolini ci abbia visto giusto oltre 50 anni fa...
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