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Anno edizione: 2021
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Questo libro di Mencarelli è pura poesia. Parole, frasi che tagliano, incidono e ti restano scolpite.
Vi sono, vi sono sempre stati due percorsi, due vie, l’una materiale, l’altra spirituale, l’una ci porta ad incontrare l’Amore supremo, l’altra ci destina ad un’infelicità senza fine. In questo libro, le percorrerete entrambe. La prima con l’uomo che ricerca il successo, il potere, il denaro, la supremazia sugli altri. Ubriaco d’onnipotenza, sprezzante verso tutti gli esseri umani, considerati meno che bestie, avanza lungo la sua via, portatore di dolore, di pianto, sino alla fine della strada. Alla fine, scoprirà il vuoto, il non senso di opere e pensieri, l’inutilità del tutto, la vacuità di una vita sprecata. E poi, c’è il Cristo, il Figliolo dell’Iddio vivente, che tutto dà e nulla chiede, che in un perfetto piano di salvezza, sacrifica la vita, affinché ciascuno sia salvo. “Deve morire perché si è fatto figlio di Dio!/Padre del cielo/è al tuo volto che penso/è al tuo aiuto che credo/Io che sento svanire le mie forze/E più non ricordo nemmeno il mio nome/Eccoti/Padre di tutti gli oceani/Ecco la tua forza divampare,/Vieni mia croce/Verso la morte che tutto principia./“ Ciascuno di noi, può percorrerla, dietro di Lui, con speranza e fede incrollabile, sino alla fine. Ed allora….”Il tuo volto Signore io cerco./Il bello adorato volto/che rimane su questo panno/Inciso come promessa./Sarò per sempre la Tua voce/per te conoscerò terre/sentirò parlate oscure/chiarirsi alla tua Parola/sarà questo panno/ Il mio scudo e insieme la bandiera./“Questa è l’Opera! Questo il perfetto disegno, per tutti coloro che anelano Salvezza! Bravo Mencarelli!
Recensioni
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Cos’hanno in comune un anonimo manager d’assalto dei giorni nostri e il Cristo che, duemila anni fa, si avviava verso la croce? Uno il cui sfrenato individualismo, egoismo, e la cui vittoria hanno il sapore di una sconfitta e uno la cui morte e il cui dolore significa resurrezione e vita eterna, non solo per lui? La risposta è Daniele Mencarelli, con il suo ultimo libro che segue Tutto chiede salvezza, con cui lo scrittore romano si è aggiudicato il premio Strega Giovani. Il nuovo titolo, che sembra un viatico per la Pasqua cristiana, è scritto da un uomo che cerca la fede, un aspirante credente, che tante domande fa e si fa, specie in molte delle cose che ha scritto. Ne La croce e la via (120 pagine, 12 euro), pubblicato dalle edizioni San Paolo con le illustrazioni di Luca Moscatelli, i lettori troveranno solo una distanza apparente dalle storie autobiografiche che Mencarelli ha offerto con La casa degli sguardi prima e con Tutto chiede salvezza poi. E che si concluderanno, in autunno, nel terzo atto di una trilogia, probabilmente intitolato Sempre tornare.
Mencarelli (che nasce poeta e ha radunato la sua produzione nel bel volume Tempo circolare per Pequod) continua, come in tutti i suoi libri, ad andare a caccia di un significato. Mescola prosa poetica, proposta nella prima parte, e versi, nella seconda: due parti divise ciascuna in quattordici stazioni. Mencarelli ci presenta un individuo che ostenta quel che è e quel che ha, che cerca ammirazione e invidia, per cui «vivere è schiacciare» e che nel suo percorso umano, ma soprattutto professionale, non contempla l’eventualità di perdere: «La sconfitta non è nel mio sangue, il mio orizzonte si chiama successo». La carriera, l’apparenza, l’eleganza e la vittoria: solo questo sembra dare un senso all’uomo di affari che, pure, rischia di perdere la propria sfida con un giovane geniale e affamato di coraggio. Quando il trionfo tanto agognato arriva, però, una domanda perentoria lo trafigge: «Perché la vittoria non mi colma?».
Le quattordici stazioni di una più tradizionale via crucis – passaggio su cui Mencarelli aveva riflettuto qualche anno fa, nelle poesie di La croce è una via – scandiscono la seconda parte del libro, che però è poesia pura e pura poesia. L’ascesa al Golgota del Cristo non è la scalata al successo del colletto bianco, ma una salita di sofferenze che serve alla redenzione. Il calvario non è un ufficio da dominare, è un viaggio di tappe di dolore per raggiungere il «regno dove nulla soffre / e a morire è solo la morte». L’approdo, però, è tutt’altro che infernale, non è il vuoto inasensato della prima parte, è il raggiungimento di una terra promessa, la salvezza per utilizzare un termine caro all’autore. «Io sono qui che ti attendo / sorgerà presto un nuovo giorno».
Recensione di Arturo Bollino
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